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Cammino sinodale, il vescovo Giovanni in ascolto della Giunta e del Consiglio comunale

Trovare nuove strade da percorrere insieme per il bene della città. Nell’ambito del Cammino sinodale promosso dalla Chiesa di Prato, il vescovo Giovanni Nerbini ha invitato la Giunta e il Consiglio comunale a vivere un momento di confronto e dialogo. Lo stile proposto è stato quello indicato da Papa Francesco, basato sull’«ascolto profondo», un atteggiamento che ha contraddistinto il lungo percorso iniziato nell’ottobre 2021 e che ha visto il coinvolgimento di oltre duemila persone su tutto il territorio diocesano. «Questa volta abbiamo voluto incontrare gli amministratori locali, abbiamo voluto sapere anche da loro cosa chiedono gli uomini e le donne del nostro tempo alla Chiesa», spiega monsignor Nerbini.

 

All’iniziativa, che si è tenuta in Palazzo vescovile, hanno partecipato il sindaco Matteo Biffoni, alcuni membri di Giunta e un buon numero di consiglieri comunali della maggioranza. L’invito all’appuntamento era stato inoltrato dal presidente del Consiglio comunale Gabriele Alberti a tutti i consiglieri.

 

Negli interventi dei presenti è stata sottolineata l’importanza della dimensione dell’ascolto, un atteggiamento che ha dato modo di aprire una riflessione comune su come riuscire a intercettare quella fascia di popolazione, sempre più ampia, che vive ai margini della società. «Non si tratta solo di persone con fragilità di tipo economico – è stato detto in più di un intervento – ma anche cittadini che non riusciamo mai a incontrare e che non parlano con noi perché ritengono che le istituzioni non li rappresentano». Da questa riflessione è nata la proposta di «mettere nella nostra agenda politica questo punto e di farlo insieme alla Chiesa». In questo percorso si inserisce anche l’intenzione di coinvolgere sempre di più le nuove generazioni, «non dobbiamo immaginare quale città vogliamo costruire “per” i giovani, ma quale città possiamo costruire “con” i giovani, che non vanno assolutamente esclusi dal dibattito».

 

Un altro elemento di confronto ha riguardato la città multietnica e il rapporto con le confessioni religiose presenti all’interno della grande comunità pratese. Nel 2015, durante la sua visita in città, Papa Francesco esortò i pratesi a intessere «patti di prossimità» per costruire insieme «la casa comune», mentre Giovanni Paolo II, che visitò Prato nel 1986, sottolineò come «città e tempio crebbero insieme». «Oggi – è stata la riflessione finale – possiamo dire che “città e tempi”, al plurale, devono crescere insieme». Una indicazione che il Vescovo ha condiviso e fatto propria, «perché nessuno può essere escluso, occorre – ha concluso monsignor Nerbini – fare il grande sforzo di mettersi insieme, in ascolto profondo, per raccogliere le domande inespresse, in particolare dei giovani».

 

Cos’è il Cammino sinodale. Aperto solennemente nell’ottobre 2021 da Papa Francesco a Roma, il Cammino sinodale sta coinvolgendo le diocesi di tutto il mondo. Comunione, partecipazione e missione sono le tra parole d’ordine di un percorso che sta vedendo il coinvolgimento di moltissimi fedeli. A Prato il lavoro promosso dall’equipe del cammino sinodale, guidata da monsignor Basilio Petrà e Maria Laura Cheli, è stato incessante e molto proficuo, nonostante che i primi passi siano stati mossi in piena pandemia.
Oltre duecento gli incontri organizzati a livello parrocchiale e associativo e più di duemila le persone sono entrate in dialogo con sacerdoti e animatori dei vari gruppi di discussione. Tutto il materiale raccolto – e inviato a Roma in un documento di sintesi – si trova sul sito web della diocesi di Prato, nella sezione dedicata al Cammino sinodale.

Il vescovo Giovanni nei vicariati per incontrare i giovani delle parrocchie

Conoscersi, confrontarsi, parlare ma soprattutto ascoltare. Il vescovo Giovanni lo aveva annunciato al Convegno pastorale: nel tempo di Avvento inizierà un giro della diocesi, vicariato per vicariato, per incontrare i giovani delle parrocchie. Si comincia mercoledì 16 novembre in Valbisenzio, alla badia di Vaiano, per concludere martedì 6 dicembre in Sant’Agostino con il vicariato del centro storico. «Sono incontri in preparazione al Natale e lo stile sarà quello sinodale – spiega il vescovo Giovanni –: partiremo da un brano del Vangelo e poi lo commenteremo insieme. Sarà una chiacchierata aperta al confronto».

Tutti gli incontri iniziano alle ore 21, sono aperti a tutti i giovani dai 14 anni in poi e terminano con un momento conviviale preparato dalla parrocchia accogliente.

 

Il calendario

Vicariato Valbisenzio – mercoledì 16 novembre a Vaiano

Vicariato Prato nord – lunedì 21 novembre a Galcetello

Vicariato Prato est – mercoledì 23 novembre alla Castellina

Vicariato Prato sud est – lunedì 28 novembre a Grignano

Vicariato Prato sud ovest – mercoledì 30 novembre a San Pietro a Iolo

Vicariato Prato ovest – lunedì 5 dicembre a San Paolo

Vicariato Prato centro – martedì 6 dicembre a Sant’Agostino

Il Vescovo scrive una lettera alla città: «Prato, guarda avanti!»

«Prato, guarda avanti!». Si intitola così la «Lettera alla città» che il vescovo monsignor Giovanni Nerbini scrive in occasione della festa più cara ai pratesi, l’8 settembre, Natività di Maria. Questa mattina, durante la solenne concelebrazione nella basilica cattedrale di Santo Stefano, davanti alle autorità cittadine che tradizionalmente prendono parte al pontificale, il Presule ne presenterà i contenuti e ne illustrerà le ragioni.

 

È proprio l’incipit della lettera a spiegarli: «Abbiamo iniziato a tessere quella che è la storia della Prato di domani. Fili e lacci di colori diversi, a volte cupi – scrive Nerbini – hanno tenuto unite le nostre vite quotidiane in questo ultimo anno e mezzo: il dolore di tanti – che la pandemia ha toccato negli affetti, nel corpo, nelle condizioni di vita, nel lavoro, nelle relazioni, nello studio – così come le attese di giorni più sereni, di una vita segnata dalla cura per la dignità della persona, di una città capace di essere a misura di umanità». Ma, come aveva già coraggiosamente proposto proprio nei giorni più bui del lockdown, il 19 marzo 2020, il Presule chiede a tutti di gettare oltre lo sguardo e il cuore: «Adesso, dopo quelli che, si spera, sono stati i mesi più duri di questa emergenza sanitaria è avanti che dobbiamo guardare. E per farlo Prato può ricorrere alla sua antica sapienza: ossia tessere, intrecciare fili diversi secondo un disegno creativo, ma unitario. Perché tessere è volontà di raggiungere una mèta, portando la tela sempre più avanti».
Un’immagine, così tipica del «genio» pratese, che si collega, nel senso, al percorso #farepatti, di ascolto e dialogo con la città nel secondo lockdown della pandemia, tra l’autunno e l’inverno, che il Vescovo aveva avviato in occasione del quinto anniversario della visita di Papa Francesco alla città di Prato. È da questa iniziativa, poi sfociata in un incontro con le istituzioni e le parti sociali del luglio scorso, che nasce la Lettera dell’8 settembre.

 

Profondamente convinto, da credente e da Pastore, che la Sacra Scrittura, «con la sua ricchezza spirituale e di umanità, si pone dinanzi a noi anche in questo tempo nel quale la pandemia ci obbliga a misurarci con la realtà», il vescovo Giovanni è da una vicenda biblica che fa partire la sua Lettera: il sogno del giovane re Salomone, appena asceso al trono. Al sovrano che lamenta di essere solo un giovane e che chiede al Signore «un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male», Dio concede «un cuore saggio e intelligente».
Dal racconto biblico il Vescovo fa emergere «quattro elementi che parlano con il nostro oggi, a tutte le donne e gli uomini che con noi affrontano questo tempo di prova», perché «soffermarci su di essi – si legge nella lettera – credo possa aiutarci a pensare in profondità la realtà nella quale siamo calati e rischiarare i sentieri che in essa si aprono».
Sono le quattro «tracce di cammino» che monsignor Giovanni Nerbini propone alla città, oltre l’emergenza ancora non terminata: «non rimpiangere il passato», «salvare il lavoro, non la rendita», «intrecciare le diverse intelligenze», «diventare un popolo affidandosi ai giovani».

 

Non rimpiangere il passato. «Nessuno di noi ha la forza, da solo, di assolvere a questo compito (“pensare il presente e il futuro della città di cui siamo parte”, ndr) e dunque – spiega Nerbini –
abbiamo bisogno di disporci all’ascolto e alla comprensione e dobbiamo farlo assieme, aiutandoci l’un l’altro a capire, perché in ciascun essere umano alberga un frammento di verità. Accanto a questo, avere un cuore disposto ad apprendere ci ricorda – è l’ammonimento del Vescovo – che non dobbiamo rinchiuderci in idee staccate dalla realtà, nel rimpianto del passato – tanto tenace nei pratesi degli ultimi anni – o nella tentazione di riprodurlo».

 

Salvare il lavoro, non la rendita. «È la sapienza – afferma Nerbini – che ci consente di dire che è male pensare di uscire dalla crisi salvando la rendita, uno dei virus della Prato degli ultimi decenni, anziché il lavoro e con esso le donne e gli uomini. È la sapienza che ci fa riconoscere il bene negli sforzi di restituire alla loro funzione sociale l’iniziativa privata e l’azione di sindacati, associazioni di categoria, forze politiche e culturali».

 

Intrecciare le diverse intelligenze. «La nostra comunità ha bisogno di attingere alle tante intelligenze che in essa già ora operano. Il distretto del «fare» – è la convinzione del presule – ha oscurato troppo spesso la città «del pensare», lasciando da parte competenze, risorse intellettuali, ricerca e confronto di idee». E, tra le tante citate, una è immediatamente sottolineata: «Abbiamo l’urgenza di mettere a frutto l’intelligenza del lavoro, dei tanti mestieri e delle tante professioni che la nostra Prato esprime».

 

La proposta di lavorare insieme nasce dall’amore per la città e per tutto il suo territorio, nella quale Nerbini è arrivato proprio due anni fa come Pastore; nasce da una preoccupazione viva per il bene comune e dalla disponibilità a lavorare con le istituzioni e tutte le realtà della comunità locale per costruire la città del domani. Lo aveva detto chiaramente – e il passaggio non a caso è richiamato nella Lettera – proprio durante l’ostensione straordinaria del Sacro Cingolo nella festa di San Giuseppe 2020, immagine simbolo della pandemia a Prato: «Una nuova città dove la politica, quella con la P maiuscola, prevalga sulla finanza, dove il bene comune sappia comporre i pur legittimi interessi particolari, dove la legge prevalga sull’illegalità e lo sfruttamento, dove italiani e cinesi – senza dimenticare le altre etnie – sappiano dar vita insieme a nuove opportunità economiche e di lavoro, dove tutte le principali componenti lascino da parte le proprie visioni particolari e sappiano disegnare insieme un nuovo volto della città, perché – come ci dice l’emergenza del Coronavirus – solo insieme potremo salvarci».

 

E per salvarci, il Vescovo propone, con coraggio e fiducia, di guardare ai giovani: «Non solo per prenderci cura di loro: più ancora, per chiedere loro di indicarci la direzione che la nostra comunità deve prendere, verso dove iniziare a camminare e così diventare popolo». Proprio soffermandosi sulle nuove generazioni il Vescovo si sofferma per concludere la sua Lettera: «Se è del contributo e dell’impegno di tutti che abbiamo bisogno, è soprattutto ai giovani che dobbiamo affidarci, domandando loro, certo, anche un di più di responsabilità. Prato – spiega il Presule – conta una popolazione giovanile superiore alle altre città vicine, una risorsa che troppo spesso dimentichiamo». Per mons. Nerbini sono «i loro cuori quelli più “docili”, disposti ad ascoltare e apprendere. Sono loro i più pronti a ricevere ed esercitare la sapienza e l’intelligenza, a dirci ciò che è male e ciò che è bene, a spiegarci come tenere assieme economia, socialità, cultura, politica, fede e dare al domani di Prato il volto e lo sguardo di un popolo che sa camminare nella storia degli uomini. È sulla loro “misura” – ecco l’appello finale – che dobbiamo costruire la città di domani».

 

Il testo integrale della lettera del Vescovo alla città di Prato

#farepatti il Vescovo Giovanni lancia la campagna di ascolto e confronto con la città per guardare oltre l’emergenza

La Chiesa di Prato riprende l’invito di papa Francesco e propone ai pratesi un percorso di ascolto e condivisione per costruire insieme una città che sappia reggere e rispondere alle difficoltà di oggi. A cinque anni dalla storica visita di Bergoglio a Prato il vescovo Giovanni Nerbini ha deciso di raccogliere nuovamente l’appello a «stabilire patti di prossimità», una modalità di lavoro che il Papa chiese di mettere in campo per cercare «migliori possibilità concrete di inclusione». E allora #farepatti sarà l’impegno che la Diocesi si vuole assumere per «immaginare insieme un’altra città possibile», come ha scritto monsignor Nerbini a Francesco in una lettera spedita lo scorso 10 novembre per ringraziarlo della visita avvenuta nel 2015.

 

«A causa di questa pandemia gli elementi di crisi si sono accentuati e nelle persone c’è un senso di incertezza e preoccupazione, dato anche dal fatto che prima o poi finiranno gli ammortizzatori sociali e il blocco dei licenziamenti», spiega il Vescovo che aggiunge: «noto anche che c’è una difficoltà diffusa nel comprendere e capire fino in fondo quello che sta accadendo. Ma di una cosa siamo certi: le sfide di oggi si possono affrontare non in modo isolato ma stando insieme». Un appello questo lanciato da monsignor Nerbini anche in occasione della solennità del Corpus Domini, quando annunciò la disponibilità della Chiesa pratese a «riprendere in mano comunitariamente il nostro destino superando comode deleghe» per costruire «il puzzle della città futura». A quell’invito risposero prontamente le istituzioni cittadine confermando la volontà di iniziare un cammino. Quel percorso è stato tracciato oggi dal Vescovo con lo slogan #farepatti.

 

 

Adesso, fino alla fine dell’anno, l’intenzione è quella di promuovere una serie di incontri con le rappresentanze economiche e sociali della città. A partire proprio da chi si è dimostrato disponibile a mettersi in cammino dopo l’appello del Corpus Domini. Poi da gennaio, con le modalità che saranno possibili in quel momento, ci sarà una serie di iniziative pubbliche di ascolto e di confronto con esperti, durante le quali verranno messe a tema alcune delle principali criticità della città e del distretto tessile. «La nostra intenzione è quella di offrire un contributo di idee e di stimolare un dibattito», aggiunge il Vescovo che intende allo stesso tempo dare un taglio concreto a quanto emergerà dal dibattito.

 

Il senso dell’iniziativa è spiegato da Michele Del Campo, direttore della Pastorale sociale e del lavoro della Diocesi di Prato: «La Chiesa vuole essere punto di riferimento perché è consapevole che in un momento come quello che stiamo vivendo è importante esserci e non nascondersi. Vogliamo esserci per accompagnare». Per Del Campo si tratta di una assunzione di responsabilità necessaria perché la città corre il rischio di infettarsi con un altro «virus», «quello di credere che alla risoluzione dei problemi ci penserà qualcun altro». L’idea è quella di «promuovere processi di partecipazione alla vita collettiva», da qui la proposta di fare incontri pubblici aperti a tutti, affinché nessuno, istituzioni e privati cittadini, «si chiuda nel proprio individualismo», conclude Del Campo.

«Il Rosario per l’Italia» guidato dal vescovo Giovanni nella Cappella del Sacro Cingolo. La diretta su Tv2000

Farà tappa a Prato, nella Cappella del Sacro Cingolo, il «Rosario per l’Italia». L’iniziativa è quella promossa dai media della Cei: Avvenire, Tv2000, InBlu Radio, Sir, Federazione dei settimanali cattolici e Corallo durante questo difficile periodo legato alla pandemia da Coronavirus. Ogni mercoledì, da una diversa cattedrale o chiese italiane, un vescovo guida la recita del rosario seguito in tv, via radio o in streaming dai fedeli del Paese.

 
Questa sera, mercoledì 15 luglio, alle ore 21 toccherà alla nostra diocesi ricevere il testimone di questa staffetta di preghiera che dal mese di marzo sta facendo il giro d’Italia. La preghiera verrà recitata nel cuore della devozione mariana pratese: la Cappella del Sacro Cingolo in cattedrale, dove da otto secoli si custodisce la preziosa Cintura che la tradizione vuole sia appartenuta a Maria. A guidare il rosario sarà il vescovo Giovanni Nerbini. Accanto a lui il vice parroco della cattedrale don Gino Calamai, il diacono Guglielmo Spanò e alcuni fedeli che si alterneranno nella recita delle «decine». I misteri sono quelli della Gloria e per le meditazioni monsignor Nerbini ha scelto una serie di brani tratti dalle lettere alle claustrali di Giorgio La Pira.

 
Il rosario sarà trasmesso a partire dalle ore in televisione da Tv2000 (canale 28 del digitale terrestre), sulle frequenze di Radio inBlu (e sul loro sito) e in streaming su Youtube.
Sotto è possibile scaricare il libretto con le preghiere e le meditazioni che saranno recitate questa sera.

 

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Le Palme, il messaggio di speranza di Nerbini: «Ci ritroveremo il mattino di Pasqua, vuoto il sepolcro a far festa. Il resto sarà passato»

Con la Domenica delle Palme è iniziata la Settimana Santa. Ieri in cattedrale il vescovo Giovanni Nerbini ha celebrato la Messa a porte chiuse ma è entrato nelle case dei pratesi grazie alle telecamere di Tv Prato. Ancora una volta monsignor Nerbini ha invitato la città a non lasciarsi scoraggiare né sopraffare da questo momento così difficile.

«Ci ritroveremo il mattino di Pasqua, vuoto il sepolcro, insieme alla donne ed al ladrone a fare festa. Il resto sarà passato, la festa non avrà fine», ha detto il Vescovo concludendo l’omelia. Sotto la riportiamo integralmente e pubblichiamo un video con alcuni passaggi della sua riflessione.

 

 

Carissimi,
il mio desiderio è che questa celebrazione delle Palme così diversa da sempre si imprima nella nostra memoria ma prima nel nostro cuore, non per la sua singolarità, quanto per l’intensità del nostro desiderio di incontrare il Signore, seguirlo, vivere con Lui oggi attraverso due momenti particolari e differenti del racconto della sua vita. Il primo: la sua accoglienza trionfale da parte della folla festante a Gerusalemme; Il secondo: il lungo commovente snodarsi della sua passione. Due opposti uniti dalla persona e dalla missione di Gesù entrambi necessari indispensabili.
Gesù torna a Gerusalemme, vicino a Betfage sul monte degli ulivi sale su un’asina, una cavalcatura modesta per entrare in città. I Re erano soliti uscire in parata, soprattutto al ritorno dalle campagne militari sfilavano con i loro eserciti, le loro armate, simboli della loro potenza, e magari con i nemici fatti schiavi in catene per ottenere gli onori della folla. Chi rimane indifferente di fronte ad una parata trionfale che testimonia la grandezza, la superiorità di tali personaggi. Nel secolo scorso queste parate erano costruite per ammaliare sedurre, il popolo indurlo a credere di star seguendo un dio, invincibile, capace di fare grande la patria. Il Figlio di Dio connota il suo ingresso con questa cavalcatura, povero animale da servizio che raffigura plasticamente la figura del messia che Zaccaria descrive. E’ un re mite, povero, semplice, che viene ad esercitare un potere che nessuno ama, cerca, e vuole e che si chiama servizio che si sottomette , non domina. Gesù cavalca un puledro figlio di una bestia da soma che appunto perché caricata della soma deve saper portare i pesi. Gesù non cerca altro potere, non vuole ricchezza, né armi, HA BISOGNO – notate è l’unico volta nel Vangelo che si parla di un BISOGNO del Figlio di Dio – di questa bestia per descrivere la sua missione. Egli è qui per servire, tutti, sempre, fino in fondo. Quanto poco abbiamo capito questa peculiarità! Quanto spesso anche oggi si vorrebbero mettere insieme fuori e dentro la Chiesa eserciti per battere i nemici di Cristo, difendere la cristianità, neanche ce lo avesse chiesto Lui di farlo. Ci chiede invece di tornare anche noi a sciogliere questa umile cavalcatura per servircene, esprimere la nostra adesione a lui facendo lo stesso suo cammino. Diciamo anche noi oggi, più convintamente: Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Questa festa sfocia gradualmente in un rifiuto: Cambiano gli orientamenti delle persone, emerge nella comunità dei discepoli chi si dissocia e denuncia collaborando con le autorità ed a cascata il favore verso il Signore diventa ostilità, calunnia, condanna senza appello. Tutto cambia a 360 gradi meno che il cuore del Figlio di Dio. Egli continua il suo cammino perché Dio non segue il vento delle opinioni; Dio non calcola il tornaconto e non agisce di conseguenza, Dio segue il suo cuore che è un cuore amante e la cui barra dice libertà e totalità del dono. Gesù non muore perché gli altri lo uccidono, muore perché egli ha offerto se stesso senza tentennamenti, senza esclusioni, senza riserve. Quando lo accusano davanti all’autorità egli che avrebbe tutte le carte per difendersi TACE, e quando ha da dichiarare il vero per rendere testimonianza a Dio al suo progetto di salvezza ma una verità difficile che compromette seriamente la sua incolumità egli parla condannando se stesso a morte. “Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio benedetto”. Tu l’hai detto, rispose Gesù. E non importa se questo inaugura la sua distruzione perché egli non è venuto a salvare la sua vita, ma la mia, la tua, quella di coloro tutti che gli stanno d’intorno e che ora con illimitata superbia lo condannano. Carissimi fratelli e sorelle qui entriamo in gioco noi tutti: qui in cattedrale o a casa quello che è essenziale è che con l’intera nostra vita, di cui le palme sono il segno visibile, ricominciamo a camminare dietro a Gesù, al re servo che entra in Gerusalemme, al Figlio di Dio, piccolo chicco di grano che si accinge ad essere gettato nel terreno per morire e disfarsi. E’ rinnovare la ferma volontà in un mondo che segue i suoi miraggi, i sui idoli a stare dietro al nostro unico Dio e al Figlio Gesù. Sappiamo quanto sia difficile, quante le cadute che registriamo. Non importa. Ci sarà sempre un gallo che cantando ci farà piangere per la nostra paura e le sue fughe, richiamandoci a rialzarci ed a ritornare da Lui perché la sua scelta del nostro bene è irrevocabile. Ci ritroveremo il mattino di Pasqua, vuoto il sepolcro, insieme alla donne ed al ladrone a fare festa. Il resto sarà passato, la festa non avrà fine.

+ Giovanni Nerbini

Vescovo di Prato

Il Vescovo Giovanni agli anziani e ai malati: «Non siete soli, fidatevi del Signore!»

Con l’approssimarsi della Settimana Santa il vescovo di Prato Giovanni Nerbini ha scritto un messaggio di saluto e vicinanza rivolto agli anziani e ai malati. Oltre al testo che riportiamo di seguito sotto c’è anche la versione video.

 
Carissimi fratelli e sorelle, mi rivolgo a voi che raccomando quotidianamente al Signore nella celebrazione della Santa Messa e nelle mie preghiere personali, in questo momento difficile nel quale, le pesanti limitazioni imposteci dalla pandemia provocata dal coronavirus, rendono ancora più gravosa la vostra condizione privandovi spesso dei già ridotti contatti umani necessari ed accrescendo non poco i disagi. Quello che spesso rappresentava in molti casi l’unico elemento di consolazione e di conforto, cioè la visita del parroco o del ministro straordinario della comunione con i sacramenti della Riconciliazione e della SS. Eucarestia, è venuto a mancare non per pigrizia e neanche per paura dei sacerdoti i quali avrebbero desiderato continuare il loro servizio abituale presso le vostre case (non pochi avevano deciso di continuare anche la benedizione delle famiglie), ma a causa del pressante appello prima, e del divieto assoluto da parte dell’autorità civile poi, a muoversi e frequentare le case delle persone più fragili o malate onde evitare contagi che potevano rivelarsi fatali.

 

Carissimi, in occasione delle prossime feste della Santa Pasqua vi auguro ogni bene materiale e spirituale, per tutta la vostra persona. Non avrete la possibilità di prendere parte alle celebrazioni dal vivo per i motivi che abbiamo detto ma troverete alla Tv molte offerte che vi aiuteranno a sentirvi uniti a tutta la Chiesa universale partecipi del mistero pasquale di Cristo e Lui presente nella vostra vita e nelle vostre prove. Fidatevi di Lui ed a Lui affidatevi.

 

Nello scrivere ai sacerdoti raccoglievo la sofferenza dei fedeli privati della via Crucis la sera del venerdì Santo e citavo una esperienza della mia vita che offro anche a voi. In un pellegrinaggio fatto in Polonia qualche anno fa, ho avuto modo di visitare la cella dove il cardinale Wyszynski, arcivescovo di Varsavia, fu segregato dal partito comunista polacco dal 1953 al 1956. Sull’intonaco della parete della stanza c’erano scalfite delle piccole croci. Si legge nel suo diario: «Oggi ho ’fatto’ la Via Crucis, scrivendo con una matita i nomi delle stazioni della Passione del Signore sul muro e segnandole con una croce». Pensate a che modo semplice, povero, artigianale di pregare, ma certamente straordinario e di grande intensità che Dio avrà accolto ed ascoltato forse più di preghiere rivoltegli in condizioni molto più favorevoli.

 

Carissimi, vi saluto con affetto, vi benedico e affido alle cure materne di Maria che abbiamo festeggiato nel ricordo dell’Annunciazione. Buona Pasqua.

 

 

+ Giovanni Nerbini
Vescovo di Prato

19 marzo 2020: ostensione straordinaria del Cingolo. Le parole del vescovo Giovanni

Carissimi fratelli e sorelle che siete collegati con noi dalle vostre case, quelle case che oggi più che mai, in un tempo così eccezionale, sono tornate ad essere il cuore della nostra comunità. La Sacra Cintola, stasera, è tornata a legarci in modo specialissimo, facendoci sentire tutti – più che mai – una famiglia di famiglie, una unica grande comunità, quella dei pratesi di vecchia origine e di nuova – più o meno nuova – provenienza. Penso ai cittadini di origine cinese: il virus in poche settimane sta iniziando ad abbattere muri che quasi trent’anni di convivenza non erano riusciti a scalfire.

 

La paura e il disorientamento di questi giorni non devono avere il sopravvento. Per questo abbiamo compiuto un gesto molto importante per chi ha fede: mettere consapevolmente tutta la nostra vita e la nostra storia PERSONALE E COMUNITARIA nelle mani di Maria che sappiamo essere Madre premurosa. Maria è donna dell’attenzione, della tenerezza, e ci saprà soccorrere. Avrà cura di noi, una cura speciale. È questa una certezza che deve darci forza. Penso in questo momento particolare anche ai tanti, uomini e donne, medici e infermieri e non solo, che si prendono cura di chi soffre. Che la Madonna e San Giuseppe davvero possano accompagnare e sostenere il loro lavoro.

 

Questo tempo così difficile, carico di dolore per molti, può trovare un senso e una sua dimensione provvidenziale se sapremo coglierne gli aspetti più profondi, se sapremo tornare a dare valore al significato della nostra vita e alle relazioni con gli altri, beni preziosi spesso travolti da un’esistenza frenetica che ha perso l’orizzonte del senso. Ecco così che il Coronavirus diventa una provocazione non solo per la scienza e la medicina che alla fine – sono sicuro – lo sconfiggeranno ma anche per la nostra vita quotidiana che non potrà e non dovrà essere più come prima.

       

Tutto non sarà come prima, questa esperienza dolorosa ci cambierà e ci deve cambiare nel modo in cui guardiamo ai problemi del mondo. I morti da coronavirus sono arrivati nel mondo, purtroppo, a 8000. Un numero importante, quanta sofferenza per queste persone proviamo tutti. Intanto ho scoperto che ogni giorno nel mondo muoiono di fame 7000 bambini e ho provato un senso di grande vergogna. Non riusciamo a scandalizzarci e a provare vergogna per questi bambini colpiti non da un virus sconosciuto ma da un sistema in cui siamo tutti corresponsabili. Non ci possiamo svegliare solo quando l’acqua tocca le nostre caviglie. La barca è una. Vivere dissennatamente mette in crisi il mondo intero.

 

Pregare, affidarsi a Dio per Maria, è un atto fondamentale. Lei ci darà consolazione e forza. Certo questo non ci esime dalla responsabilità di cambiare tanti comportamenti che sono concause dei guasti presenti.

Dopo decenni di cultura dell’individualismo, della frammentazione, del privato che prevale sulla vita comune, di colpo siamo costretti a riprendere consapevolezza che non possiamo fare a meno delle relazioni con l’altro. Non era mai accaduto prima: in questo momento ognuno di noi è responsabile della vita degli altri. Dipende da ciascuno di noi, dai suoi comportamenti, dalle sue attenzioni per sé stesso e per gli altri se riusciremo a vincere questa guerra mai conosciuta prima. Questo è il tempo di uomini e di donne che nel loro quotidiano mettono al primo posto la responsabilità personale e sociale.

 

Le relazioni costruiscono una comunità. Stiamo prendendo consapevolezza di vivere un evento tanto straordinario, tanto pesante quanto imprevedibile e che nessuno al momento attuale riesce a dominare e risolvere. Si corre ai ripari per contenere, arginare il fenomeno. Molti auspicano piuttosto sbrigativamente che tutto passi in fretta perché TUTTO TORNI COME PRIMA, COM’ERA NEL PASSATO. Laddove invece ci è richiesto di guardare IN AVANTI per costruire un FUTURO nuovo, una nuova comunità.

 

I cristiani debbono perciò sentirsi particolarmente interpellati in ragione della “speranza” che deve abitare nei loro cuori, assieme alla fede e alla carità. Quello che arriva è un mondo nuovo. Il paradigma economico è mutato in una notte; abbiamo ridato alla politica autorità di decisione e priorità su gran parte della realtà; l’esperienza di un paese che rimodella la sua quotidianità lavorativa, sociale e culturale grazie agli strumenti digitali produce una cesura netta nel modo di pensare lavoro, comunicazione, scambio di idee. In questo crollo del mondo di ieri e annuncio di un domani che c’è già ma non conosciamo, penso al profeta Geremia, che mentre Gerusalemme cade e va in fiamme, mentre è chiaro che la fede e Israele non saranno più come prima, compie il gesto profetico di comprare un campo. Guarda avanti, pensa il domani. Forse, cari pratesi, in questo momento così difficile, dovremmo essere come Geremia: avere cura del popolo nella tribolazione ma anche acquistare il nostro campo per seminare e costruire la nuova città, il domani che è nelle nostre mani. Una nuova città dove la politica, quella con la P maiuscola, prevalga sulla finanza, dove il bene comune sappia comporre i pur legittimi interessi particolari, dove la legge prevalga sull’illegalità e lo sfruttamento, dove italiani e cinesi sappiano dar vita insieme a nuove opportunità economiche e di lavoro, dove tutte le principali componenti lascino da parte le proprie visioni particolari e sappiano disegnare insieme un nuovo volto della città, perché – come ci dice l’emergenza del Coronavirus – solo insieme potremo salvarci.

 

In questi giorni di maggiore disponibilità di tempo libero, a casa guardate i vostri bambini. Ammirate e commuovetevi per la loro freschezza, la semplicità, l’intelligenza, la loro purezza e sognate e impegnatevi nelle cose piccole e grandi a costruite per loro e per tutti i loro coetanei, in tutta la terra il futuro ed il mondo migliore possibile.

 

Siamo ancora nel mezzo del guado ma guardiamo avanti, alla Pasqua. Non sappiamo ancora se ci sarà dato di celebrarla e come; abbiamo però nel cuore una certezza straordinaria: Cristo è risorto e da risorto ha vinto i nemici dell’uomo che sono il peccato e la morte e attira oggi con forza il cammino della storia, di tutti i popoli verso un fine di bene.

 

+ Giovanni Nerbini

Vescovo di Prato

Un messaggio dal vescovo Nerbini a tutti i sacerdoti: “Usate le nuove tecnologie e il telefono per stare vicino ai malati e agli anziani”

Nel terzo venerdì di Quaresima, il primo da quando sono entrate in vigore le drastiche disposizioni del Governo per contrastare la diffusione del Coronavirus in tutta Italia, il vescovo Giovanni ha voluto rivolgere a tutti i sacerdoti pratesi un video-messaggio attraverso il quale li esorta a non far mancare la loro vicinanza ai malati e agli anziani. “Fate ricorso alle nuove tecnologie e anche al telefono per star loro vicino” dice monsignor Nerbini, che invita i sacerdoti a favorire le confessioni – nelle forme consentite dalla normativa in vigore, quindi in ambienti adatti – affiggendo fuori dalle chiese gli orari in cui si rendono disponibili a ricevere i fedeli. Il presule ha invitato, infine, a pregare in questo momento difficile per Papa Francesco, che proprio oggi festeggia il settimo anniversario al soglio di Pietro.

 

Coronavirus, il vescovo Giovanni: «la Parola di Dio sia il nostro farmaco contro paure e solitudine»

 

In cattedrale vuota e a porte chiuse il vescovo Giovanni Nerbini ha celebrato la messa domenicale davanti alle telecamere di Tv Prato per poter entrare nelle case dei pratesi in questo momento così difficile legato all’emergenza del coronavirus. «La Parola di Dio sia il nostro farmaco contro lo sconforto, la paura e la solitudine» ha detto monsignor Nerbini nell’omelia.

 

«Nessuno iniziando questa Quaresima 2020 – ha osservato il Vescovo – avrebbe immaginato come in pochi giorni l’intero nostro mondo avrebbe subìto uno stravolgimento tanto rilevante da costringerci a rinunciare ai nostri incontri eucaristici domenicali». Questa mattina infatti la Chiesa di Prato, come le altre diocesi in Italia, ha sospeso la celebrazione delle messe con effetto immediato in ottemperanza a quanto stabilito dal decreto emanato dal Governo nel corso della notte. E così monsignor Nerbini ha voluto presiedere la celebrazione dell’Eucarestia «in maniera del tutto singolare per mezzo di Tv Prato perché del tutto eccezionale è il momento che stiamo vivendo». E poi ha aggiunto: «In un attimo sono crollate tutte le sicurezze e illusioni che reggevano le nostre esistenze. Ciò che non abbiamo assolutamente perso è la presenza, l’amicizia, il sostegno, la vita del Signore nostro Gesù Cristo che è e rimane in mezzo a noi». La voce del Vescovo è risuonata anche in piazza Duomo attraverso gli altoparlanti della cattedrale. Non pochi si sono radunati davanti alla portone chiuso di Santo Stefano per ascoltare in silenzio la celebrazione della messa.

 

Monsignor Nerbini ha suggerito di cogliere «questa forzata penitenza» come momento propizio per «riscoprire il cammino che Dio ci mostra, lasciando così tutte le false, illusorie sicurezze». Da qui l’invito a «intensificare la preghiera». Il Vescovo ha anche sottolineato come in questo tempo, pur non essendoci celebrazioni, «le chiese rimarranno aperte più del solito» e per questo è possibile «fermarci in adorazione silenziosa davanti all’Eucarestia». Poi ha chiesto «riprendere la recita del rosario in famiglia» per ritrovare «la pace perduta». Ma soprattutto monsignor Nerbini ha chiesto ai fedeli di riprendere «costantemente in mano» la Parola di Dio: «meditiamola attentamente e vi troveremo tutto quello di cui abbiamo bisogno, non solo per i momenti di crisi come questo, ma per ogni evenienza della vita».

Nella preghiera dei fedeli monsignor Nerbini ha voluto dedicare una intenzione ai governanti, «perché sappiano scegliere con responsabilità», e una al personale ospedaliero, medici e sanitari affinché «sappiano spendersi generosamente e sentano il sostegno di tutti».

All’inizio e alla fine della celebrazione il vescovo Nerbini ha voluto abbracciare idealmente tutti i fedeli ma in particolare gli anziani e gli ammalati chiedendo per loro, la città e il mondo intero: «sicurezza, salute, fede e amore».

 

Monsignor Nerbini si è fatto anche interprete delle raccomandazioni prescritte dalla autorità civile «per gli anziani e le persone di salute cagionevole a non frequentare luoghi pubblici e a rimanere, per quanto è possibile, nelle loro abitazioni e a non affollare in maniera ingiustificata gli ospedali che già portano il peso di questa situazione».