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Il vescovo Agostinelli ha ricevuto in episcopio sei richiedenti asilo ospiti nelle strutture pratesi

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Parlano a voce bassa, sono emozionati ma desiderosi di raccontare le loro storie, fatte di sofferenza e di speranza. Questa mattina, sabato 25 giugno, sei richiedenti asilo ospiti di due strutture gestite dalla Coop 22 dell’Opera Santa Rita, sono stati ricevuti dal vescovo di Prato Franco Agostinelli in episcopio. Sono stati invitati in rappresentanza dei 540 profughi presenti ad oggi sul territorio pratese.

Ad accompagnarli c’erano il presidente e la segretaria generale del Santa Rita, Roberto Macrì e Renza Sanesi; con loro anche una mediatrice culturale per la traduzione. Ma non ce n’è stato bisogno, i sei giovani, tutti tra i 20 e i 25 anni, hanno voluto parlare in italiano per far vedere quanto hanno imparato nei mesi di permanenza a Prato. Stanno tutti aspettando che la commissione ministeriale si esprima sulla richiesta del conferimento dello status di rifugiato, il documento che aprirebbe loro le porte di una quotidianità negata in patria e qui, nel nostro paese. Senza il riconoscimento infatti non possono cercare né una casa, né un lavoro.

 

Monsignor Agostinelli ha accolto i sei profughi nel suo studio, li ha messi a sedere in cerchio e ha chiesto ad uno ad uno il nome, la provenienza e come sono arrivati in Italia. C’è Ibrahim Sane, arrivato otto mesi fa dal Senegal. È ancora provato dalla prigionia subita in Libia prima mettersi in viaggio per mare su un barcone. «Eravamo in 117 – racconta il senegalese – alcuni dei miei compagni non ce l’hanno fatta. Abbiamo navigato quattro giorni senza acqua né cibo, è stata durissima ma alla fine sono riuscito a salvarmi. Ringrazio di cuore l’Italia per avermi accolto». Anche gli altri ripetono quasi ossessivamente, dopo ogni frase, la parola «grazie Italia». Tutti avevano un lavoro in patria, come Destiny, nigeriano di 23 anni, che ha fatto l’operaio e il benzinaio. «Io sono qui per la libertà», ha detto con un filo di voce. C’è chi non ha scelto la via del mare ma è arrivato passando dai Balcani, come Bakar, giunto dal Pakistan dopo un viaggio di fortuna durato due mesi. Gli altri sono Ducansy dal Mali, Youssuf dalla Costa d’Avorio e Sylla dal Senegal. Tutti hanno voluto raccontare al Vescovo quello che hanno vissuto, e lo hanno fatto rivolgendo sempre un pensiero ai propri familiari rimasti a casa.

 

«Incontrarvi significa confermare una doverosa attenzione nei vostri confronti – ha affermato il Vescovo durante l’incontro – vi ho chiamati per condividere attese, speranze e desideri legittimi che portate nel cuore. Ho ascoltato le vostre storie, piene di sofferenze e problemi, avete voglia di riscatto e di un futuro. Sappiamo benissimo che se vi mettete in viaggio – ha detto monsignor Agostinelli rivolgendosi ai sei giovani – siete consapevoli di dover affrontare incertezze e soprusi, vuol dire che siete spinti da una reale necessità».

Dopo aver ringraziato l’Opera Santa Rita per il lavoro che sta svolgendo, «con professionalità e umanità», il Vescovo ha voluto ribadire «la disponibilità della Chiesa a fare la propria parte: è un dovere come cristiani e come cittadini – ha osservato – ma è importante che tutte le istituzioni facciano la loro parte per far fronte a questa emergenza umanitaria che non possiamo ignorare. E mi pare che a Prato i sindaci lo stiano facendo con coraggio». Monsignor Agostinelli è il delegato regionale della Conferenza episcopale toscana per i migranti, conosce benissimo le problematiche e le dinamiche del fenomeno migratorio per essere stato personalmente sulle coste siciliane dove avvengono gli sbarchi. «Auspico che l’Europa apra maggiormente gli occhi e si faccia carico di questa situazione, altrimenti mostrerà il suo limite compromettendo il suo futuro», ha concluso il Vescovo.

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