Giubileo delle parrocchie

Più di mille fedeli al Giubileo delle parrocchie celebrato in Duomo

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Anche se la pioggia ha annullato le quattro processioni in programma, che avrebbero dovuto convergere in piazza Duomo da altrettante chiese del centro storico, in cattedrale c’erano oltre un migliaio di persone. Si è celebrato nel pomeriggio di oggi, domenica 6 marzo, il Giubileo delle parrocchie pratesi, pensato per vivere a livello diocesano l’Anno Santo della Misericordia indetto da Papa Francesco.

 

In duomo si è tenuta una messa solenne presieduta dal vescovo Franco Agostinelli e concelebrata da una sessantina di parroci accompagnati da tantissimi chierichetti. In chiesa era presente una nutrita rappresentanza delle parrocchie della diocesi di Prato.

 

«Facciamo delle nostre parrocchie delle “oasi di Misericordia” – ha affermato monsignor Agostinelli rivolgendosi ai presenti nel corso dell’omelia – sia per lo stile dell’accoglienza, sia per il linguaggio e i gesti che trasmettono la sollecitudine di Dio verso tutti coloro che bussano, o che incontriamo per una necessità materiale e spirituale».

 

Il tema dell’accoglienza è stato al centro della riflessione del Vescovo, che ha ricordato l’importanza delle opere di misericordia, intese come «apertura al dono di sé», e considerate via necessaria alla «piena realizzazione umana e cristiana». Ma la prima apertura, il primo segno di misericordia, per monsignor Agostinelli deve partire dall’interno, dai fedeli e tra i fedeli, in tutta la comunità ecclesiale. «Non rassegniamoci alle lontananze, alle divisioni, alle gelosie, agli individualismi – ha sottolineato – e, senza giudicarci gli uni gli altri, con la misericordia “che tutto vince, che riempie il cuore pieno di amore e che consola con il perdono” facciamo festa di fraternità, di vita condivisa, di cammino comune, di famiglia di Dio che incessantemente viene ricostituita dal Padre».

 

Secondo monsignor Agostinelli per una parrocchia, essere «oasi di misericordia», significa compiere opere di carità, «questo è il modo che abbiamo per sintonizzarci con il magistero di Papa Francesco». L’attenzione dei cristiani impegnati deve essere rivolta verso le persone, che «innanzitutto devono sentirsi accolte e considerate in quanto persone, senza alcuna distinzione di sorta». E poi occorre avere «attenzione alle istituzioni, cercando di essere per stimolo perché rispondano ai veri bisogni della comunità, al bene comune, alle attese degli scartati e degli impoveriti della società».

 

Questo aiuto deve valere nei confronti di tutti, anche dei lontani, «anche di chi, pur non facendo scelte apparentemente dirompenti, in realtà sta in casa ma non ha il cuore libero. La divina compassione ci dice che l’accoglienza conosce solo gesti e parole di festa, di tenerezza, di verità che non offende, che convince ed attende. Non avvenga mai – ha concluso il Vescovo – che la presunzione di una maggiore dirittura morale ci faccia giudici gli uni degli altri per giungere perfino alla non accettazione del fratello».

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