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La Caritas di Prato segue oltre quattromila indigenti. Presentato il dossier sulle povertà 2017

I poveri seguiti a Prato dalla Caritas e dalla rete dell’osservatorio della Diocesi sono oltre quattromila. Il numero emerge dal rapporto sulle povertà presentato sabato scorso al Palazzo delle Professioni. Nel 2017, da gennaio a oggi, per una richiesta di auto, si sono presentate 2700 persone. La maggior parte di queste hanno alle spalle una famiglia e, contando almeno tre componenti per nucleo, si arriva al numero di quattromila soggetti coinvolti. Il dato degli accessi, rispetto ai due anni precedenti, sale del 5,1%. Gli italiani rappresentano il 34,3% del totale e sono in calo del 7,2%, mentre aumentano del 13% gli stranieri. Nell’anno in corso, i venti centri di ascolto della rete diocesana hanno effettuato 6781 colloqui (nel 2016 sono stati 6608).

 
«Dietro questi numeri ci sono dei volti, non dimentichiamolo mai – ha osservato la direttrice della Caritas di Prato Idalia Venco –, sono persone che si presentano a noi chiedendo risorse per pagare il mutuo o una bolletta, perché non hanno una casa, ma soprattutto ci dicono che non hanno un lavoro». E proprio a quest’ultima problematica, al tema dell’occupazione a Prato, è stata dedicata la mattinata, durante la quale si è tenuta una tavola rotonda in cui sono intervenuti rappresentanti delle istituzioni e delle categorie sociali ed economiche. La prima evidenza – nata dal commento dei dati presentati dalla Caritas e dalla domanda: «Quale risposta diamo a coloro che sono fuori dal mercato del lavoro?» – è stata quella del bisogno di «formazione e informazione», come ha efficacemente sintetizzato il vescovo Franco Agostinelli a conclusione dei lavori.

 

 

Alcuni numeri del rapporto sulle povertà stilato dalla Caritas diocesana di Prato. La raccolta dei dati si basa sul lavoro svolto da venti centri d’ascolto, di cui quattordici parrocchiali, un centro del Volontariato vincenziano, uno della San Vincenzo de Paoli, la mensa dell’Associazione Giorgio La Pira, due postazioni front office della Caritas diocesana e l’ambulatorio per stranieri temporaneamente presenti istituito presso il Centro sanitario Giovannini.
Gli utenti. Le 2700 persone ascoltate nel 2017 sono in maggioranza donne, ma gli uomini aumentano, rappresentano quasi la metà degli accessi (42,5%) e registrano un +18,7% rispetto agli anni precedenti. Gli italiani sono il 34,3% del totale (erano il 38,9% nel 2015 e 2016).
Il 32,5% degli uomini sono stranieri (di questi il 9,4% sono coniugati con italiane). Le nazionalità più presenti provengono da Marocco (12%), Albania (10,4%), Nigeria (9,2%) e Romania (5,3%). Rispetto al 2015 sono cresciuti molto i marocchini (+10%), ma soprattutto i georgiani (+64%).
La metà delle persone ascoltate sono coniugate, ma aumentano gli stranieri senza legame matrimoniale (+60%), fra questi i maschi crescono del 109%. Diminuiscono i coniugati italiani 15,6%.
La prima volta e la cronicità. Nel 2017, il 26% degli ascoltati si sono rivolti allo sportello per la prima volta, con un incremento rispetto a due anni fa del 64,6%. Tra gli stranieri i nuovi arrivi sono il 91%. Gli italiani aumentano del 5,2%. Cresce anche il numero degli utenti con una frequentazione di oltre dieci anni, che ora rappresentano il 24,5% del totale. Più di 1 italiano su 3 e 1 cittadino straniero su 4 è conosciuto dalla rete Caritas da almeno cinque anni. Dunque c’è una maggiore cronicità tra gli italiani, gli stranieri invece rimangono nel giro Caritas al massimo per tre anni. «Probabilmente – osserva il redattore del dossier Massimiliano Lotti – sono disposti a cogliere le opportunità offerte e riescono ad adeguarsi a nuovi stili di vita».
Problemi e bisogni. L’80% delle persone che si sono rivolte ai centri d’ascolto dicono di essere prive di reddito. Aumenta il numero delle richieste di abitazione (+16%), in particolare tra gli stranieri (+188%). Il 65% degli utenti dice di avere problemi economici (+4%), il 13% problemi di lavoro, l’11% ha problemi di salute e il 4% ha problemi familiari. Le altre problematiche segnalate sono dovute a detenzione, disabilità, dipendenze, istruzione e mancanza di una casa.
Gli interventi effettuati. Le risposte che la rete diocesana ha potuto offrire riguardano innanzitutto il servizio di ascolto e di accompagnamento, caratteristica peculiare del metodo Caritas. «Il nostro obiettivo è quello di educare le persone alla fruizione delle risorse territoriali e degli uffici territoriali», dice Lotti. Gli interventi concreti si sono concentrati sull’offerta di beni e servizi (66,5%, in particolare attraverso la tessera dell’Emporio della Solidarietà, un pasto alla mensa, vestiario e accoglienza notturna), sussidi economici (21%) per il pagamento di affitti, rate mutuo, utenze domestiche e libri scolastici, spese sanitarie. Le altre voci riguardano consulenze lavoro, orientamento, istruzione e alloggio.

 

Rapporto sulle povertà 2017 della Caritas diocesana di Prato in formato pdf

 

 

All'interno di un Centro di ascolto Caritas

Torna «l’Avvento di Fraternità» per sostenere le attività Caritas. Le offerte andranno ai Centri di ascolto

Non sono un luogo dove si consegnano pacchi alimentari o dove si dà un sostegno economico. Il loro obiettivo, come si capisce dal nome, è quello di accompagnare. Sono i centri di ascolto della Caritas, una esperienza arrivata a Prato quasi trent’anni fa e che rappresenta il cuore delle attività portate avanti dal «braccio operativo» della Chiesa nell’aiuto ai poveri.

 

Nel fine settimana, sabato 17 e domenica 18 dicembre, si tiene l’Avvento di Fraternità, la tradizionale colletta promossa a favore dei bisogni della Caritas. Quest’anno le offerte raccolte nelle chiese e nelle parrocchie pratesi serviranno a dare una mano a chi ha bisogno, come recita lo slogan scelto per promuovere l’iniziativa.

 

A Prato esiste il centro di ascolto diocesano in via del Seminario e 26 centri gestiti dalle Caritas parrocchiali. Una rete che ha come compito primario proprio quello di accogliere e ascoltare le persone in difficoltà. «Il primo passo è quello di entrare in relazione con coloro che si rivolgono a noi – spiega la direttrice Idalia Venco – l’importante è capire i bisogni in modo da poter iniziare un percorso di accompagnamento». Le possibilità di intervento sono tante e diverse, come le richieste di aiuto. Tutte hanno un denominatore comune: la mancanza di lavoro. Questa è la vera piaga che affligge la nostra città e che porta, rapidamente, alla soglia di povertà quando la famiglia non è in grado di fare da ammortizzatore sociale.
Quest’anno in via del Seminario si sono presentate 845 persone, di queste più della metà sono italiani. Non si tratta di povertà individuali perché quasi ognuno di loro ha dietro una famiglia con figli da mantenere.

 

La Caritas ha personale, in gran parte volontario, con competenze i diversi campi. Per quanto riguarda il settore immigrazione dà una mano nel compilare le pratiche per i permessi di soggiorno e i ricongiungimenti familiari. Per chi non ha una occupazione cerca di tamponare la mancanza di reddito attraverso borse lavoro e tirocini. Tra i canali di sostegno al reddito ci sono i progetti del prestito sociale e quello della speranza. Fornisce consulenze legali, psicologiche e psicoterapiche. Alcuni medici volontari prestano servizio gratuito per gli stranieri temporaneamente presenti sul territorio ed a chi è senza fissa dimora. In tutta la diocesi sono oltre duecentocinquanta i volontari che si impegnano a vario titolo nel mondo Caritas.

Centri di ascolto Caritas: calano gli stranieri e la povertà non diminuisce

Nel sud Italia il sorpasso è già avvenuto e probabilmente tra non molto ci sarà anche da noi. Secondo il Rapporto 2016 di Caritas nazionale sulla povertà, nel corso degli anni è calato il numero degli utenti stranieri. A Prato, nei primi sei mesi del 2016, gli immigrati che si sono presentati in uno dei 26 Centri di ascolto parrocchiali esistenti sul territorio pratese rappresentano il 61,5% del totale (1108 persone), mentre gli italiani sono il 38,5% (695). Rispetto ai numeri registrati quando la crisi economica iniziò a «picchiare» più forte, le differenze sono evidenti: nel 2009 gli immigrati erano addirittura il 75% degli utenti Caritas. Già due anni dopo, nel 2011, scesero al 67,8%. Di questo passo arriveremo al pareggio nel giro di un paio d’anni.

 

Per la direttrice della Caritas diocesana Idalia Venco questi dati confermano un trend in atto ormai da qualche tempo: la mancanza di lavoro rende poco appetibile la nostra città e il suo distretto. Se gli stranieri si affacciano meno ai centri parrocchiali è perché in alcuni casi avrebbero deciso di lasciare la città. «Non per tornare a casa – spiega Venco – ma per andare ad esempio a lavorare in Germania o in altri Paesi. Non abbiamo dati precisi su questo fenomeno – afferma -, possiamo dirlo perché non poche famiglie che seguiamo da tempo lo hanno fatto».

 

Nei Centri d’ascolto, le nazionalità straniere più presenti sono quella marocchina (223 persone), albanese (213), nigeriana (163), romena (120) e cinese (61). Le differenze più vistose rispetto al primo semestre del 2015 riguardano la presenza di cinesi, crollata del 54,5%. Mentre crescono i romeni +10,1%.

 

Dietro a ogni persona ascoltata dalla Caritas c’è una famiglia bisognosa di aiuto. Il 77% degli utenti è senza lavoro. Massimiliano Lotti, redattore di questi dati, osserva come tra il 2016 e il 2015, il periodo di riferimento è il primo semestre, gli italiani occupati che si sono rivolti ai Centri di ascolto sono calati del 7,1%, gli stranieri invece del 14,5%. «Sembra che la tenuta del lavoro regolare sia più critica per chi viene da fuori», commenta Lotti. L’85% sono persone già conosciute che ritornano e sono a rischio «cronicizzazione» della propria situazione. Per lo più sono le donne a rivolgersi ai Centri parrocchiali (63,5% del totale), mentre l’età media degli utenti è tra i 44 e i 45 anni, nel caso degli italiani si attesta attorno ai 53 anni e scende a 39 per gli stranieri. Per quanto riguarda i titoli di studio in maggioranza hanno una licenza media (44,7%), poi seguono quella elementare (23,3%), il diploma di scuola superiore (23,1%) e la laurea (5,4%).

 

Le richieste d’intervento sono sempre le stesse: pagamento di utenze, affitti e rate di mutuo, accanto al bisogno di trovare un lavoro. La Caritas risponde con un orientamento e un accompagnamento delle persone attraverso percorsi individuali che prevedono, tra le altre cose, l’attivazione di tirocini formativi e borse lavoro, la possibilità di avere la tessera dell’Emporio e piccoli ma importanti sostegni familiari, come l’erogazione di buoni acquisto dei libri scolastici per i figli. Aiuti concreti che rappresentano una rete di protezione sociale per andare avanti in attesa di ripartire.
«La Caritas dà un aiuto ma non ha le risorse per sostenere in modo completo e continuativo tutte le domande che arrivano – conclude Venco -, purtroppo c’è chi continua a indebitarsi facendo ricorso a finanziarie e il rischio di cadere nell’usura per onorare i pagamenti è altissimo».