Messa per Prato /4

Sui giovani
18-04-2015

Carissimi fratelli e sorelle,
Vi saluto con le parole di Gesù: “Pace a Voi”. Sì: a voi auguro e desidero donare la pace del Signore che raggiunga ciascuno là dove è, per guardare a sé, agli altri ed alla storia con lo sguardo e la speranza che ci vengono dalla sapienza nuova del Signore.
“Pace a voi”, giovani diciottenni della nostra amata Chiesa Pratese che questa sera rinnovate la Professione di fede che avete ricevuto nel Battesimo, e che avete confermato nella Cresima.
“Pace a voi” sacerdoti, suore, animatori, educatori e catechisti delle diverse aggregazioni e dei gruppi ecclesiali che avete accolto il ministero educativo come specifica missione affidatavi dal Signore e dalla Chiesa.
“Pace a voi” qui presenti, che sapete guardare con me, con simpatia e talvolta con pensosa e affettuosa preoccupazione, gli oltre 40.000 adolescenti e giovani che compongono la nostra popolazione tra i 14 e i 35 anni (dei quali 11.358 stranieri residenti a Prato, cioè il 27,80%!). Quanti di questi quarantamila sono i battezzati? Quanti giovani appartengono ai gruppi parrocchiali o ad altre associazioni o movimenti o aggregazioni cattoliche? Non penso qui alle statistiche (anche se sono da guardare come una delle fonti di conoscenza), ma il mio pensiero va a questo folto gruppo di giovani che noi non siamo riusciti ancora ad incrociare e che, troppo spesso, non hanno un’appartenenza e vivono da isolati anche se quasi sempre in mezzo ad una folla chiassosa ma indifferente.

In questo quarto appuntamento delle “Messe per Prato” ho voluto rivolgermi nella preghiera e nella riflessione proprio a Voi, carissimi giovani, e, vostro tramite, a tutti i giovani della nostra amata città e diocesi di Prato. Ci sono tante descrizioni sociologiche e psicologiche della condizione giovanile odierna; tante sono le statistiche sui diversi aspetti della condizione giovanile: studio, lavoro, devianze, dipendenze, affettività, religiosità, mortalità, progettualità, ecc. Vorrei però che le statistiche non fossero il tutto del nostro rapporto con i giovani, ma un piccolo tramite forse per favorire l’incontro, per vederci, per parlarci, per condividere, per donare quello che abbiamo.
In questo momento, come Vescovo e Padre di questa comunità ecclesiale pratese, è a voi, cari giovani, che mi rivolgo, non facendo dei discorsi su di voi, ma colloquiando con voi, nel nome del Signore, il Risorto, che continua ad interpellare gli uomini e le donne di ogni generazione e di ogni cultura e condizione.

1. “Dio abita unicamente nella verità che viene dall’amore” (R. Guardini).
Come i due discepoli sono tornati da Emmaus a riferire “ciò che era avvenuto lungo la via” e durante quella sera a cena con lo Sconosciuto: loro scoraggiati e incerti, tristi e stanchi, ed il loro interlocutore, sapiente e pacificante; allo stesso modo anche noi forse possiamo raccontare alla comunità degli amici che cosa è avvenuto lungo il nostro percorso: “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero allo spezzare del pane”. La scoperta di un amore inarrestabile e incondizionato ci ha fatto aprire l’intelligenza al riconoscimento di ciò che da sempre abbiamo desiderato e sognato con tutto noi stessi; l’Amore ora ha un volto, una concretezza, un corpo, una cuore, una Presenza: Gesù. Prima che una morale o un’etica da vivere, un comandamento da osservare, Egli è innanzitutto questo Amore donato, offerto con determinazione e intelligenza, senza esigere altra condizione che la libertà della risposta.

“Perché siete turbati? Perché sorgono dubbi nel vostro cuore?”, chiede questo divino ospite a ciascuno di noi, a voi cari diciottenni e giovani. Gesù ci prende sul serio: intelligenza, sentimenti, volontà, fantasia, desideri… Non abbiamo paura della realtà dei nostri dubbi, delle nostre esitazioni, incertezze, incongruenze, resistenze, contraddizioni, dei nostri peccati, ripiegamenti su noi stessi, illusioni. Non viene a condannarci il Signore, ma a liberarci, a salvarci, a rimetterci nella via della vita piena, della gioia condivisa, e dell’Amore. Non c’è verità di Dio che non sia Amore, e non si conosce Dio se non nell’Amore. Ma non è forse per questo che esistiamo e combattiamo ogni giorno, con alterne fortune?
Carissimi giovani: scegliete la verità che nasce dall’amore e che costruisce parabole di amore per gli altri. Anche quando l’amore è esigente, e si fa sacrificio delle nostre parziali ragioni per il vero bene dell’altro e nostro, il vero bene presente e futuro, fino al bene eterno. Sappiate discernere, nelle molteplici diverse proposte che per mille vie, dirette e indirette, non mancano alla vostra considerazione, sappiate capire dicevo dove sta la verità che vi fa liberi, e le pseudo-verità che vi rendono schiavi, vi illudono con inganni e miraggi effimeri.
Sia che siate chiamati a vivere la prospettiva matrimoniale, che quella del sacerdozio o della consacrazione, o al servizio missionario del Vangelo, vivete sempre nel dono di voi stessi, con intelligenza d’amore, guardando a Gesù, vero maestro della vita vissuta nell’amore. Trasformate le vostre esperienze positive in conoscenza condivisa, facendo diventare il nostro mondo contemporaneo una possibilità e una opportunità e non solo un condizionamento negativo, senza sognare scenari idilliaci e inesistenti che non aiutano a vivere né a far crescere né ad aprire cammini.

2. ABBIAMO UNA STELLA POLARE CHE ORIENTA IL NOSTRO CAMMINO: IL SIGNORE GESU’.
“Guardate le mie mani e i miei piedi” (Lc 24,39), dice a noi Gesù questa sera. E invita anche ciascuno di voi, giovani diciottenni che rappresentate gli 11.628 diciottenni della nostra città. Siete in numero esiguo rispetto al gran numero dei vostri coetanei, anch’essi qui invitati questa sera; eppure Gesù, che un tempo si affidò al ministero dei primi 12 apostoli, in questo momento chiede a voi di diventare i testimoni della risurrezione e dell’amore concreto di Dio, con la vostra vita, e, se necessario, con la vostra parola. La nostra vita di gruppo e di comunità è tutta centrata sulla contemplazione del Signore; del Signore, non di un’idea, o di un fantasma, o di un personaggio delle favole: di Gesù il cui amore è scritto sul suo corpo con l’alfabeto delle ferite, ormai ineliminabili come l’amore.
Ma la comunità cristiana non è fatta in vista di se stessa: è costituita per narrare in opere e parole l’umanità nuova che riprende il disegno di Dio creatore, una umanità continuamente riconciliata nell’amore, una umanità di perdono e di festa. Siamo i discepoli missionari di Gesù!

Cari giovani, Gesù possiamo incontrarLo vivente oggi nella Parola, nel sacramento, nella comunità-Chiesa, nel povero, in voi stessi. Non lasciatevi rubare la concretezza di questa Presenza che dà senso ai nostri giorni, speranza al nostro impegno, tenerezza alla nostra fragilità, risposta alla nostra sete di verità e di libertà.
Talvolta l’istintività nostra prende il sopravvento sulla ragionevolezza delle scelte, e la superficialità sembra prevalere sulla fondatezza ed il ragionamento necessari per ponderati orientamenti. Ma la concretezza della vita e la concretezza della fede ci aiutano a vedere la vita e il mondo in modo nuovo, a vedere il futuro un po’ meglio che con il metro del proprio tornaconto immediato. E’ faticoso costruire amicizie sane, fraternità autentiche, gruppi uniti e al tempo stesso aperti; eppure la sfida che ci affida il Signore è di essere comunità missionarie, fratelli che irradiano per attrazione l’unica Buona Notizia che inconsapevolmente o meno tutti attendono. Bisogna che anche i nostri gruppi parrocchiali e associativi, senza l’aria di proselitismo che contraddice il Vangelo, siano uniti e aperti, abbiamo una identità e si lascino permeare dai mille interrogativi della storia.

Tenere lo sguardo fisso su Gesù, contemplare il suo Volto, non ci aliena dal mondo, anzi ci fa ancor più incarnati nella storia delle mille periferie esistenziali e geografiche che attendono anche la vostra presenza intelligente e significativa. Identità non è sinonimo di contrapposizione o separazione; appartenenza non è sinonimo di chiusura e barriera; accoglienza non è sinonimo di far finta che siamo tutti identici; stile di vita non è sinonimo di arroganza e disprezzo; contemplazione non è sinonimo di disincarnazione e giardino recintato; vita spirituale non è sinonimo di tristezza; libertà non è sinonimo di capriccio o discriminazione; responsabilità non è sinonimo di pesantezza; gioia non è sinonimo di confusione; etica non è sinonimo di tabù e paura; vocazione non è sinonimo di clericalismo; cattolico non è sinonimo di bigottismo. Vi dico queste cose, che voi certamente comprendete meglio di me, perché siamo in tempi in cui bisogna fare delle scelte convinte, motivate, sperimentate, coerenti. Cari giovani, pensiamo a quanti giovani cristiani nel mondo in questo momento stanno pagando con la persecuzione la loro professione di fede cristiana! E talvolta anche a voi può essere accaduto o potrà accadere di essere emarginati dal gruppo semplicemente per aver cercato di essere coerenti con la vostra fede. Ma non abbiate paura! Il Signore è con voi! Lui è il riferimento che mai viene meno!

3. NOI SIAMO TUTTI PELLEGRINI VERSO L’INCONTRO.
“…la terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e ospiti” (Lev 25,23) ci dice il Signore con una comunicazione lapidaria per ricordare a chi ha messo radici e pensa di costruire la sua sicurezza sulla terra che ha sotto i piedi e che ha conquistato con il sudore della fronte (o magari con il ferro della spada o il sangue degli Abele di turno), che la propria sicurezza, il proprio futuro deve basarsi su altro. Il fatto di essere ospiti di Dio su questa terra ci sprona a percepire ogni cosa come un dono e un’occasione da impiegare al meglio con riconoscenza; al tempo stesso comprendiamo che l’altro, lo sconosciuto, lo straniero, il diverso è ospite così come lo sono io.
La nostra professione di fede, la nostra appartenenza alla Chiesa, l’ospitalità di Dio, rivolta come invito a tutti, ci chiede di fare attenzione a non nasconderci dietro la pericolosa contrapposizione noi-loro, italiani-stranieri, la mia fede-la tua fede, la mia cultura-la tua cultura. L’essere discepolo missionario di Gesù ci dà il coraggio della prossimità, essendo inviati a vivere ed invitati a far vivere sulla stessa terra che non è né mia né tua, ma Sua, di Dio.
E, nella scuola o all’università o sul lavoro o nei luoghi dello sport e di divertimento, l’incontro sincero e intelligente con l’altro è irripetibile, perciò irrinunciabile, e sorprendente. Costruite ponti di fraternità, di collaborazione e di amicizia con tutti, in tutto il mondo. Usiamo saggiamente dei mezzi di comunicazione per l’edificazione di un mondo di pace e di fraternità. Conoscere, sapere, scoprire non genera confusione, ma occasione per guardarsi intorno e scorgere che c’è una umanità che prega, che soffre, che spera, che lotta, che attende.
Lasciamoci interpellare da Dio che ci parla attraverso il prossimo! Lasciamoci incontrare dal Signore che ci sta indicando vie inedite attraverso i segni dei tempi! Accogliamo il messaggio evangelico attualizzato da Papa Francesco in mille gesti e parole così eloquenti e provocatori!

Verso chi e che cosa è diretta la nostra vita? Che cosa abita il nostro cuore? Che cosa desidero di più, al di là dell’immediato accontentarmi dei piccoli momentanei piaceri passeggeri? Ascolta le domande vere del tuo cuore.
E’ la domanda che rivolgo a ciascuno di Voi, amatissimi giovani della nostra Chiesa. E’ la domanda che con discrezione rispettosa vi pone questa sera il Signore stesso non con la curiosità di stabilire statistiche, ma con il desiderio di giovare alla chiarezza della mèta, del cammino che ciascuno deve compiere quando sa dove vuole giungere, che cosa vuole costruire, come cooperare alla edificazione di un umanità un po’ migliore di quella che ha incontrato.
Ognuno dia la propria risposta al Signore, senza paura o timore. Mirate in alto! Siete chiamati alla perfezione dell’amore, alla santità! Non lasciatevi rubare l’elezione per un piatto di lenticchie!
Sposati nel Signore o preti o suore o laici consacrati o missionari; in una professione o in un’altra: qualunque sia la vocazione e missione personale, fatene un capolavoro di bene, vivete la vostra parte come partecipi dell’unica missione di Gesù, per condurre l’umanità intera all’incontro con il Signore della vita che ci ha creati, redenti e santificati, fonte della nostra libertà perché ci ama.

Siate preparati per poter essere utili con competenza e credibilità. La fatica della competenza da costruire, non sempre è subito ripagata e riconosciuta adeguatamente; ma la consapevolezza dell’aver fatto il proprio dovere diventa fonte di pace della coscienza e capacità di affrontare almeno uno spicchio della realtà con sufficiente bagaglio critico per dire umilmente il proprio motivato parere. Approfittate dei mezzi e delle indicazioni che la sana tradizione del nostro popolo e della Chiesa ci hanno consegnato per un cammino di crescita integrale: l’accompagnamento spirituale di un sacerdote di fiducia che abbia testa e cuore, esperienza delle vie di Dio e del cuore umano; una regola personale di vita; la Confessione-Riconciliazione frequente; l’esperienza di servizio ai più poveri, vicini o lontani; un gruppo di confronto e di condivisione dove le parole devono necessariamente fare spazio alle esperienze di fraternità.

CONCLUSIONE
Ringrazio a nome dell’intera Diocesi don Alessio e l’équipe di pastorale giovanile e tutti gli animatori degli oratori, delle varie realtà associative, gruppi parrocchiali, per la passione educativa, per il cuore amorevole e creativo, fatto di attesa, pazienza e gradualità con cui si impegnano in questo settore così decisivo del presente e del futuro della nostra Chiesa e della stessa società.

Mentre aumenta la libertà personale, paradossalmente sembra che monti una certa insicurezza collettiva. Sembra che prenda il sopravvento la solitudine e la sfiducia tormentosa, che induce a fuggire dalle responsabilità. Soprattutto a voi diciottenni, che questa sera rinnovate con la professione di fede l’accoglienza dell’alleanza con Gesù, dico: aprite il cuore e la mente alla sapienza del Vangelo, portatela nei diversi contesti personali, familiari e sociali della vostra quotidiana esistenza. Non abbiate paura di impegnarvi per la civiltà dell’amore!
Aiutate i vostri preti a costruire una Chiesa sempre aperta al Cielo e alla Terra.
Vi affido un compito: leggere e rileggere ogni giorno una pagina del Vangelo, garanzia di autenticità e di qualità, per leggere lì l’attualità della vostra vita, per comprendere che cosa il Signore vi dice e vi chiede; non fate mancare ogni sforzo per discernere il tempo presente, bello e drammatico, per sognare il futuro, tracciando sentieri di vita nuova.

Riprendiamo con il coraggio che dovrà sempre contraddistinguerci e l’entusiasmo e la gioia da cui vorremmo lasciarci contagiare, riprendiamo il nostro cammino.
Vi accompagno con il mio ricordo, con la mia premura di Pastore di questa Chiesa dove voi, cari giovani, occupate un posto privilegiato, con il mio affetto e la mia quotidiana preghiera.

Ci affidiamo alla Vergine Maria, Madre di Dio e Madre nostra, che ci è maestra di vita spirituale nell’imprevedibile mescolanza di libertà e di grazia del vivere quotidiano. A lei chiediamo ancora di legarci al suo cuore di madre a cui siamo stati affidati, perché stretti a lei, presi dalla sua mano, possiamo procedere con sicurezza e con piena consapevolezza verso l’incontro che fa vera la vita di tutti, verso Gesù, il Signore, che è l’Amore che tutti noi cerchiamo.