Una parola d’ordine: sinodalità. Non c’è dubbio, se c’è una indicazione che emerge con forza dal Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze è proprio il tema della sinodalità, il «cammino insieme», come suggerisce l’origine greca del termine che nasce dalla combinazione di syn (con, insieme) e odòs (strada, cammino). A dirlo, anzi meglio, a raccontare la propria esperienza sono stati i delegati pratesi all’assemblea convocata dalla Chiesa italiana lo scorso novembre nel capoluogo toscano. Il vescovo Agostinelli ha chiesto loro di fare una sintesi del Convegno e di condividerla con la Diocesi nel corso di un incontro che si è tenuto lunedì 8 febbraio alle 18 in Palazzo vescovile.
Secondo le intenzioni di monsignor Agostinelli non si è trattato di un semplice, pur necessario, appuntamento di verifica sui lavori fiorentini, ma di una delle tappe, la seconda dopo il Consiglio presbiterale, che porteranno alla redazione del nuovo Piano pastorale diocesano. L’idea del Vescovo è di riunire tutte le anime della comunità ecclesiale a giugno, «in due pomeriggi», per scrivere insieme secondo le stesse modalità che hanno contraddistinto il Convegno fiorentino, le rotte che la Chiesa pratese dovrà percorrere nei prossimi tre anni. «Sono in attesa di suggerimenti, di indicazioni da voi», ha detto monsignor Agostinelli, ricordando l’invito fatto lo scorso 26 dicembre in cattedrale, quando ha chiesto a tutti, dai sacerdoti ai laici impegnati, di inviare idee concrete per un necessario cambiamento pastorale a livello diocesano e parrocchiale.
Proviamo a sintetizzare al massimo le parole dei nostri delegati al Convegno che hanno partecipato ai tavoli di discussione suddivisi nei cinque ambiti scelti dai Vescovi per la riflessione (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare).
Uscire. Eleonora Fracasso, giovane direttrice del Centro missionario diocesano, ha preso parte alle discussioni su questo tema. «Uscire deve essere lo stile di vita del cristiano – ha detto – ma prima di farlo occorre capire in quale direzione, occorre capire chi siamo». E allora si rende necessaria la formazione di una nuova generazione di cristiani. Non solo, l’urgenza di una crescita, nella fede e nella pastorale, riguarda tutti, dai laici ai sacerdoti, ma anche le famiglie in quanto tali.
Annunciare. Su questa tematica è intervenuto il vescovo Franco<+tondob>, il quale ha ribadito «l’esigenza dell’ascolto e della testimonianza», perché «un annuncio è credibile solo se accompagnato da gesti che hanno il gusto della carità». Alcune attenzioni: no all’autoreferenzialità, no al clericalismo. E poi, «esprimere sempre la gioia dell’appartenenza».
Abitare. Un ambito presentato da Idalia Venco, direttrice della Caritas diocesana. «Occorre abitare, non i luoghi, ma le relazioni», ha osservato la delegata. «Mettersi in relazione vuol dire ascoltare e forse mancano degli spazi per questo tipo di incontro». Tra le indicazioni emerse c’è quella dell’accoglienza: «atteggiamento a cui tutti siamo chiamati, in particolare verso i più fragili. Non limitiamoci però al gesto, – ha detto Venco – cerchiamo sempre di dare dignità alle persone, che devono sentirsi utili». Tra le proposte, a Firenze c’è chi ha suggerito una «pastorale di condominio».
Educare. Tra i nostri delegati c’era anche una coppia, Enrico e Antonella Guasti, membri dell’equipe di pastorale familiare. «Quella educativa è una sfida avvertita come centrale, – hanno detto – ma occorre lavorare sulla credibilità degli educatori, testimoni e non maestri. A loro viene richiesto un esercizio di umiltà, disinteresse e gratitudine. Chi educa non deve disporre delle persone, ma trasmettere la fede per attrazione». E poi una attenzione: alla famiglia, che ha bisogno di guide spirituali in grado di orientare il cammino.
Trasfigurare. Il verbo dal significato più difficile, tra i cinque ambiti del Convegno. Su questo punto è intervenuto don Luciano Pelagatti, parroco della Pietà e responsabile dell’ufficio liturgico diocesano. «Per far emergere la bellezza della fede e dell’esser cristiano – ha osservato il sacerdote – si vivono alcune fatiche: si pecca di eccessivo attivismo e c’è una frammentarietà della proposta pastorale. Occorre una liturgia che sia capace di introdurre al “mistero”. Stiamo attenti alle celebrazioni trionfali che spesso sono vuote. Eppure – ha sottolineato – anche da parte dei giovani c’è una forte domanda di spiritualità. Dobbiamo intercettarla». Un suggerimento: «centralità della domenica, sobrietà dei riti, la liturgia deve tornare ad essere gustata dai fedeli».
Il 10 novembre, secondo giorno del Convegno ecclesiale di Firenze, per Prato è stato un momento speciale: la visita di Papa Francesco in città. È ancora forte l’emozione per quell’incontro ma ora, è tempo di riprendere a mente fredda le parole del Santo Padre, che meritano di essere meditate e approfondite. Nell’incontro di lunedì 8 febbraio in palazzo vescovile, il vicario mons. Nedo Mannucci le ha ricordate sottolineando due di quello storico giorno: la preparazione corale dell’evento, che ha messo insieme in modo fruttuoso le istituzioni cittadine, la bellezza del discorso di Francesco, pieno di speranza. «Il Papa ha scoperto Prato e ci ha indicato una strada», ha osservato il Vicario. E sulla visita di Francesco si è espresso anche Michele Del Campo, direttore di pastorale sociale, coordinatore nelle settimane precedenti il 10 novembre, della stesura di una lettera che il mondo del lavoro pratese ha indirizzato al Papa. «Abbiamo lanciato un’idea che il Santo Padre ha fatto propria: quella dei “patti di prossimità”, una espressione usata dallo stesso Francesco», ha affermato Del Campo. «Non ce ne siamo dimenticati, è lo sforzo che faremo da adesso e nei prossimi mesi, torneremo a riunire le categorie produttive e sindacali per creare una filiera che produce valori prima ancora che risultati economici», ha concluso Del Campo.
Giacomo Cocchi
Da Toscana Oggi – La Voce di Prato di domenica 14 febbraio 2016