È stato lo stesso papa Francesco a suggerire il nome dell’iniziativa indicando quattro verbi come modalità d’azione: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. La diocesi di Prato ha voluto inserirsi in questo percorso pensato dalla Chiesa Italiana ideando il progetto A.pr.i., acronimo che riprende il proposito del Santo Padre. L’esortazione è ovviamente riferita ai migranti, tutte quelle persone che si mettono in viaggio verso le coste dell’occidente per sfuggire a guerre, persecuzioni ma anche a condizioni di vita insostenibili. Non a caso la campagna Cei alla quale ha aderito la Chiesa pratese si intitola «liberi di partire, liberi di restare» ed è sostenuta con fondi dell’8 per mille.
Il progetto diocesano ha l’obiettivo di fondo di aiutare i migranti presenti sul territorio a inserirsi nel mondo del lavoro in modo da diventare autonomi e consapevoli dei propri diritti. Per farlo saranno aiutati da «operatori dell’integrazione», dei tutor adeguatamente formati al ruolo con il compito di introdurre e accompagnare queste persone all’interno di una esperienza lavorativa. Capofila dell’iniziativa per conto della diocesi è l’Opera Santa Rita, l’ente che sul territorio accoglie il maggior numero di richiedenti asilo. Vista la lunga esperienza in questo campo sarà il Santa Rita a curare la formazione, della durata di 30 ore, di quindici tutor che dovranno seguire quindici migranti. Poi sarà la Caritas diocesana a individuare all’interno delle parrocchie, con l’aiuto dei sacerdoti, le persone adatte a diventare operatori del progetto A.pr.i. e poi a trovare le realtà lavorative disponibili a impiegare il richiedente asilo secondo le sue capacità e competenze. In questo sono coinvolti a varie titolo tutti gli uffici diocesani.
«Impegnarsi per promuovere la piena umanità dei migranti è uno dei compiti della Chiesa – afferma il vescovo Franco Agostinelli nel presentare il progetto –, dobbiamo essere consapevoli che la società sarà sempre più multietnica, multireligiosa e multiculturale e la nostra Prato ne è un chiaro esempio. Dobbiamo per questo impegnarci a costruire relazioni per superare la paura della diversità e favorire l’integrazione». Secondo il presidente del Santa Rita Roberto Macrì questo progetto è «un gioco di squadra che ha come finalità quella di dare un metodo unico all’accoglienza, volta alla promozione, come ci chiede il Papa». «Queste persone quando arrivano devono ricominciare da zero la loro vita ma molti di loro hanno delle competenze da spendere o sono disponibili a imparare un mestiere – dice la direttrice Idalia Venco – noi vogliamo dare loro la possibilità di apprendere e mettersi in gioco».
Oltre ai percorsi formativi il progetto prevede anche momenti di socializzazione e di confronto organizzati dagli uffici diocesani, come la veglia missionaria, in programma il 19 ottobre, e la festa dei popoli che si terrà domenica 21 ottobre.
Come funziona. Il primo passo è quello di individuare una quindicina di persone, giovani o adulte, impegnate in parrocchia o nell’associazionismo, uomini e donne volenterosi che hanno del tempo da dedicare al servizio del prossimo. Questo gruppetto farà un corso di 30 ore curato dal Santa Rita dove si forniranno nozioni sui diritti del lavoro, aspetti sanitari e legati all’integrazione. A ogni partecipante è previsto un rimborso spese di 500 euro lordi. Poi si sceglieranno quindici richiedenti asilo, ai quali i tutor chiederanno sogni e aspirazioni tenendo conto delle capacità e delle esperienze passate. A quel punto ci sono gli inserimenti in aziende ma anche nelle parrocchie, luoghi dove poter svolgere un tirocinio lavorativo.
Il progetto è biennale, il prossimo anno ci sarà un nuovo corso di formazione per altre quindici persone, e ha ottenuto un finanziamento di 72mila euro dalla Cei. Per informazioni: progettoapri@operasantarita.it; 0574-21245.