Con la Domenica delle Palme è iniziata la Settimana Santa. Ieri in cattedrale il vescovo Giovanni Nerbini ha celebrato la Messa a porte chiuse ma è entrato nelle case dei pratesi grazie alle telecamere di Tv Prato. Ancora una volta monsignor Nerbini ha invitato la città a non lasciarsi scoraggiare né sopraffare da questo momento così difficile.
«Ci ritroveremo il mattino di Pasqua, vuoto il sepolcro, insieme alla donne ed al ladrone a fare festa. Il resto sarà passato, la festa non avrà fine», ha detto il Vescovo concludendo l’omelia. Sotto la riportiamo integralmente e pubblichiamo un video con alcuni passaggi della sua riflessione.
Carissimi,
il mio desiderio è che questa celebrazione delle Palme così diversa da sempre si imprima nella nostra memoria ma prima nel nostro cuore, non per la sua singolarità, quanto per l’intensità del nostro desiderio di incontrare il Signore, seguirlo, vivere con Lui oggi attraverso due momenti particolari e differenti del racconto della sua vita. Il primo: la sua accoglienza trionfale da parte della folla festante a Gerusalemme; Il secondo: il lungo commovente snodarsi della sua passione. Due opposti uniti dalla persona e dalla missione di Gesù entrambi necessari indispensabili.
Gesù torna a Gerusalemme, vicino a Betfage sul monte degli ulivi sale su un’asina, una cavalcatura modesta per entrare in città. I Re erano soliti uscire in parata, soprattutto al ritorno dalle campagne militari sfilavano con i loro eserciti, le loro armate, simboli della loro potenza, e magari con i nemici fatti schiavi in catene per ottenere gli onori della folla. Chi rimane indifferente di fronte ad una parata trionfale che testimonia la grandezza, la superiorità di tali personaggi. Nel secolo scorso queste parate erano costruite per ammaliare sedurre, il popolo indurlo a credere di star seguendo un dio, invincibile, capace di fare grande la patria. Il Figlio di Dio connota il suo ingresso con questa cavalcatura, povero animale da servizio che raffigura plasticamente la figura del messia che Zaccaria descrive. E’ un re mite, povero, semplice, che viene ad esercitare un potere che nessuno ama, cerca, e vuole e che si chiama servizio che si sottomette , non domina. Gesù cavalca un puledro figlio di una bestia da soma che appunto perché caricata della soma deve saper portare i pesi. Gesù non cerca altro potere, non vuole ricchezza, né armi, HA BISOGNO – notate è l’unico volta nel Vangelo che si parla di un BISOGNO del Figlio di Dio – di questa bestia per descrivere la sua missione. Egli è qui per servire, tutti, sempre, fino in fondo. Quanto poco abbiamo capito questa peculiarità! Quanto spesso anche oggi si vorrebbero mettere insieme fuori e dentro la Chiesa eserciti per battere i nemici di Cristo, difendere la cristianità, neanche ce lo avesse chiesto Lui di farlo. Ci chiede invece di tornare anche noi a sciogliere questa umile cavalcatura per servircene, esprimere la nostra adesione a lui facendo lo stesso suo cammino. Diciamo anche noi oggi, più convintamente: Osanna al Figlio di Davide. Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Questa festa sfocia gradualmente in un rifiuto: Cambiano gli orientamenti delle persone, emerge nella comunità dei discepoli chi si dissocia e denuncia collaborando con le autorità ed a cascata il favore verso il Signore diventa ostilità, calunnia, condanna senza appello. Tutto cambia a 360 gradi meno che il cuore del Figlio di Dio. Egli continua il suo cammino perché Dio non segue il vento delle opinioni; Dio non calcola il tornaconto e non agisce di conseguenza, Dio segue il suo cuore che è un cuore amante e la cui barra dice libertà e totalità del dono. Gesù non muore perché gli altri lo uccidono, muore perché egli ha offerto se stesso senza tentennamenti, senza esclusioni, senza riserve. Quando lo accusano davanti all’autorità egli che avrebbe tutte le carte per difendersi TACE, e quando ha da dichiarare il vero per rendere testimonianza a Dio al suo progetto di salvezza ma una verità difficile che compromette seriamente la sua incolumità egli parla condannando se stesso a morte. “Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio benedetto”. Tu l’hai detto, rispose Gesù. E non importa se questo inaugura la sua distruzione perché egli non è venuto a salvare la sua vita, ma la mia, la tua, quella di coloro tutti che gli stanno d’intorno e che ora con illimitata superbia lo condannano. Carissimi fratelli e sorelle qui entriamo in gioco noi tutti: qui in cattedrale o a casa quello che è essenziale è che con l’intera nostra vita, di cui le palme sono il segno visibile, ricominciamo a camminare dietro a Gesù, al re servo che entra in Gerusalemme, al Figlio di Dio, piccolo chicco di grano che si accinge ad essere gettato nel terreno per morire e disfarsi. E’ rinnovare la ferma volontà in un mondo che segue i suoi miraggi, i sui idoli a stare dietro al nostro unico Dio e al Figlio Gesù. Sappiamo quanto sia difficile, quante le cadute che registriamo. Non importa. Ci sarà sempre un gallo che cantando ci farà piangere per la nostra paura e le sue fughe, richiamandoci a rialzarci ed a ritornare da Lui perché la sua scelta del nostro bene è irrevocabile. Ci ritroveremo il mattino di Pasqua, vuoto il sepolcro, insieme alla donne ed al ladrone a fare festa. Il resto sarà passato, la festa non avrà fine.
+ Giovanni Nerbini
Vescovo di Prato