«La Diocesi non ha messo per strada nessuno. Semmai è vero l’esatto contrario». Ai microfoni di Tv Prato il vescovo Franco Agostinelli esprime tutto il suo dolore per la morte dell’uomo che ha deciso di togliersi la vita impiccandosi nel chiostro della parrocchia di San Francesco.
È stato il primo, ieri mattina alle prime ore dell’alba, a recarsi nel luogo dove è avvenuto il tragico fatto. «È stato un trauma e uno shock profondo», dice monsignor Agostinelli. Ancora oggi il suo stato d’animo è di un «profondo dolore, provo grande pietà per lui – aggiunge il Vescovo – lo affido al Signore e ci affidiamo tutti al Signore. Nessuno poteva paventare una cosa di questo tipo, perché era un uomo che la Diocesi aveva accolto, aiutato e sostenuto».
Nell’intervista si chiarisce il rapporto che l’uomo aveva con la Diocesi. «Aveva svolto una attività presso di noi e poi quando questa si è conclusa noi ci siamo fatti carico di accoglierlo ancora, in attesa che trovasse una soluzione per la propria vita», racconta mons. Agostinelli, che aggiunge: «Ha vissuto per quattro anni in San Francesco, ma l’accordo era per un solo anno, passato questo tempo era ancora lì, in mezzo a noi». Il Vescovo tiene a ribadire che non c’era alcun contratto stipulato ma che l’accoglienza avveniva a titolo assolutamente gratuito. Poi è arrivato il momento di ristrutturare gli ambienti parrocchiali di San Francesco, «sono spazi fatiscenti e bisognosi di restauri – afferma – per fare i lavori dobbiamo lasciarli liberi e per questo cercavamo di trovare una soluzione condivisa con lui. Tante volte è stato incontrato, sollecitato affinché si potesse trovare una soluzione».
Un’altra sottolineatura importante da parte del Vescovo riguarda la lettera inviata tramite un avvocato, contenente la richiesta di lasciare le stanze dove l’uomo veniva ospitato. «Non era uno sfratto, ma solo un sollecito per stimolare una persona a prendere una decisione che sembrava tardare. Ma mai – dice con forza mons. Agostinelli – mai lo avremmo messo per strada. Io sfido chiunque a trovare fatti che provino il contrario».
Il Vescovo ricorda come la Diocesi, la Caritas, «braccio operativo della stessa Diocesi», e le singole parrocchie s’impegnino quotidianamente nei confronti di coloro che si trovano in difficoltà. Ma ricorda anche che se s’impone il dovere dell’accoglienza è altrettanto importante «aiutare le persone a crescere, aiutarle a rigenerarsi. Altrimenti – aggiunge ancora – saremo come quel babbo che risolve tutti i problemi dei figli, che una volta cresciuti non sanno cavarsela da soli. Vorremmo aiutare la gente a crescere in questo senso, è la forma più giusta della carità».
Infine un pensiero su come la vicenda è stata riportata sui mezzi di comunicazione. «Credo ci sia stato un eccessivo accanimento – ha concluso mons. Agostinelli – perché le cose vanno dette, certo, ma l’informazione deve essere sempre accompagnata da una certa deontologia professionale». Il Vescovo poi non nasconde il disappunto verso alcune strumentalizzazioni di tipo politico, «C’è chi dice siamo sempre pronti ad accogliere i profughi, coloro che vengono da lontano ma ci dimentichiamo degli italiani. Non è vero assolutamente, le opinioni sono un conto, la realtà è un’altra. Posso raccontare le storie che passano dalla Caritas dove accogliamo stranieri certo, ma tanti, tanti italiani».