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Raccolta offerte in tutte le parrocchie per le missioni diocesane in Ecuador

La Chiesa di Prato rinnova il sostegno alle proprie missioni in Ecuador promuovendo una colletta in tutte le parrocchie della diocesi. Le offerte raccolte durante le messe celebrate sabato 24 e domenica 25 febbraio serviranno a proseguire l’impegno pastorale e caritativo dei fratelli don Luca e don Giovanni Finocchi a Quevedo, di don Bruno Strazieri a Quito e delle due comunità delle suore Domenicane di Iolo, presenti nella capitale e ad Atacames.

 

«Dagli anni ‘80 la Chiesa di Prato è impegnata a garantire una presenza missionaria in Ecuador – dice il vicario generale monsignor Daniele Scaccini –, in questa seconda domenica del tempo quaresimale siamo chiamati a ricordarci dei nostri amici, sacerdoti e suore, che assicurano una presenza costante in quella “povera” porzione di territorio dell’America Latina. Sono là a nome nostro sostenuti oltre che dalla preghiera della nostra Chiesa, anche dalla generosità materiale, che permette ai nostri missionari di portare e diffondere l’annuncio e la presenza di Gesù alle persone che popolano quel vastissimo territorio».

 

La tradizionale raccolta per le missioni, che la Diocesi di Prato promuove ogni anno, avviene in un momento molto difficile per il Paese sudamericano, attraversato da forti ondate di violenza. «Noi stiamo bene, la situazione sta migliorando, ma le tensioni ci sono e la gente ha paura», dice don Giovanni Finocchi, 65 anni, missionario e parroco di San Cristobal a Quevedo insieme al fratello don Luca, 73 anni. Stessa situazione vissuta da don Bruno, 80 anni, e dalle Domenicane di Iolo, che nonostante le difficoltà continuano a impegnarsi per gli anziani, attraverso una mensa dei poveri, dei bambini, con la gestione di una scuola, e delle giovani studentesse, ospitate in una casa di accoglienza.

 

«È bello che in qualche modo, secondo le nostre possibilità, possiamo farci prossimi ai nostri missionari, facendoci sentire partecipi di una carità che si allarga e si dilata oltre i confini dei nostri piccoli ambiti quotidiani», conclude monsignor Daniele Scaccini.