Anno pastorale 2024-2025

18 settembre 2024

Intervento del vescovo Giovanni Nerbini

Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva. 25 Bàrnaba e Saulo poi, compiuto il loro servizio a Gerusalemme, tornarono prendendo con sé Giovanni, detto Marco.
C’erano nella Chiesa di Antiòchia profeti e maestri: Bàrnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaèn, compagno d’infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. 2 Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: «Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati». 3 Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li congedarono.
4 Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, scesero a Selèucia e di qui salparono per Cipro. 5 Giunti a Salamina, cominciarono ad annunciare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con sé anche Giovanni come aiutante. Atti 12,24-13,5

 

Carissimi fratelli e sorelle,
iniziamo questo nuovo anno pastorale rivolgendoci ancora una volta agli Atti degli Apostoli per trovare ispirazione circa le sfide che ci stanno di fronte e le scelte che dobbiamo insieme operare per la nostra Chiesa, la nostra città, il nostro paese. Il brano che ho scelto, da mesi è oggetto di riflessione e preghiera, mi ha stimolato, oserei dire tormentato, ponendomi tante domande a cominciare dalla prima: nella diversità delle situazioni e del contesto, a cosa ci viene chiesto di prestare attenzione? Quali priorità imprescindibili per la Chiesa universale e per la nostra chiesa pratese.
Il quadro che vedete collocato dietro e sopra di me non è un accorgimento scenografico per rendere più suggestivo il momento; piuttosto vuole essere un mezzo efficace per esprimere anche visivamente ciò che stiamo vivendo: l’ascolto della Parola eterna di Dio, la sottomissione e l’obbedienza a quello Spirito che ne è il vero autore e che oggi continua a guidare la chiesa di Cristo sulle strade del mondo. Tra un po’ finita la lectio, mi siederò anch’io con voi, dalla vostra parte, di fronte a questa immagine, in attento ascolto delle risonanze più profonde che lo Spirito stesso vorrà suscitare nei nostri cuori.

Una breve contestualizzazione del racconto ci permette di comprenderne meglio il messaggio. Al capitolo 11 Pietro è rimproverato e chiamato a giustificarsi di fronte alla Chiesa di Gerusalemme per il comportamento tenuto a casa di Cornelio. E’ entrato in casa di un pagano ed ha preso cibo con i presenti, ha predicato e battezzato.
Il testo ripete la storia già narrata al capitolo precedente. E’ una ripetizione che sembra dirci: non dimenticate, assimilate bene la lezione impartita dallo Spirito al capo degli apostoli, a tutti noi che vogliamo sempre circoscrivere, decidendo, noi, a chi debba essere rivolta, la Parola del Signore e a chi no.
La narrazione riprende poi seguendo i dispersi dalle persecuzioni a Gerusalemme successive alla uccisione di Stefano di cui aveva detto all’inizio del capitolo otto. In particolare si accenna alla rilevante “novità”: un gruppo di anonimi, gente di Cipro e Cirene, quasi certamente laici, non incaricati da nessuno, che spontaneamente annunciano il Vangelo ai pagani ad Antiochia con il risultato che una “folla considerevole” aderì alla fede. La Chiesa di Gerusalemme allora invia Barnaba che “VEDE” la grazia di Dio, se ne rallegra e va a cercare Paolo intuendo il bisogno di “Formare” la moltitudine di credenti. Al capitolo 12 si menziona l’uccisione di Giacomo, l’arresto e la liberazione miracolosa di Pietro dalla prigione, e della drammatica morte di Erode acclamato sul momento come un dio. Il capitolo 12 si chiude con l’annotazione che Barnaba e Paolo che erano stati inviati a Gerusalemme in occasione di una carestia a portare l’offerta della chiesa antiochena, compiuto il loro servizio, rientrano ad Antiochia portando con sé Giovanni Marco.

Con il 13 capitolo inizia una storia nuova. Soggetto non è più la Chiesa madre di Gerusalemme ma quella di Antiochia divenuta una comunità matura, emancipata, strutturata. L’autore rammenta due incarichi importanti: PROFETI e MAESTRI. I primi per alcuni esegeti, son quelli che sanno cogliere la realtà secondo lo sguardo di Dio, giudicano, vedendo oltre le apparenze ed i fatti. I secondi sono piuttosto coloro che trasmettono l’insegnamento degli apostoli, la dottrina, quello che Gesù ha fatto e detto. Evidentemente non si fa riferimento a compiti assunti di propria volontà, neppure per designazione comunitaria, ma piuttosto primariamente indicati dallo Spirito. Poi l’autore elenca 5 nomi di figure diverse per provenienza, estrazione sociale ma uniti in questo servizio alla comunità perché non tutti sanno fare tutto e non sono chiamati a fare tutto, allo stesso grado e modo. L’autore non si sofferma molto sul discorso dei carismi perché non rientra nel suo immediato interesse che invece si concentra sulla missione che sta per iniziare e a cui gli Atti daranno piena risonanza in tutto il resto del racconto. Noi dobbiamo necessariamente approfondire questo aspetto.

 

Nella lettera ai Corinzi l’apostolo Paolo spiega ai suoi interlocutori:
“4Rendo grazie continuamente al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, 5perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza (sono quelli che erano molto considerati dalla cultura ellenistica). 6La testimonianza di Cristo si è stabilita tra voi così saldamente 7che non manca più alcun carisma a voi, che aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.” 1Cor 1,4-7
Intanto Paolo “riconosce” un dato di fatto: Dio ha arricchito questa comunità di ogni dono di grazia. La formulazione è ripetuta due volte in positivo: “arricchiti di tutti i doni” ed in negativo: “non manca nessun carisma a voi”.
Non è da credere che questa realtà della Chiesa che è in Corinto sia da intendere in senso esclusivo, cioè qualcosa di dato solo a loro. Ma ad ogni comunità cristiana, in ogni tempo ed in ogni luogo, Dio elargisce tutti i suoi doni come la storia della Chiesa ci dimostra. Infatti Paolo approfondisce il discorso nella lettera agli Efesini.
“7A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. 8Per questo sta scritto: Ascendendo in cielo ha portato con sé prigionieri, ha distribuito doni agli uomini. …11È lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, 12per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo, 13finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo”. Ef. 4, 7-8.11-13

Paolo ritorna ancora sul tema ampliandolo ed aggiungendo elementi che non si riscontravano nei brani precedenti. Ancora nelle lettera ai Corinzi al capitolo 12.

“4Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; 9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 1Cor. 12, 4-10

 

Allora attualizzando possiamo cominciare a porci alcune domande

1. Guardiamo mai singolarmente e insieme con stupore e gratitudine l’opera che Dio compie oggi nella sua Chiesa, e come arricchisca e guidi la sua comunità?
2. So guardare i doni che Dio ha elargito nella nostra chiesa locale, nelle nostre comunità partendo dalla convinzione che nessun dono ci manca (I Cor 1,7)
3. Le nostre sono comunità che sanno mettersi profondamente in ascolto di ciò che Dio dona loro e chiede.
Perché così tanta insistenza sul tema di carismi? Che è il primo punto di questo nostro cammino.
Perché siamo convinti, l’abbiamo ascoltato: “è per l’utilità della chiesa che in ciascuno si manifesta lo Spirito” sottolineato “in ciascuno”.
Ciò vuol dire che se colui che possiede i doni dello Spirito li nasconde o li ignora, tutta la chiesa, la comunità ne risulta impoverita, ne soffre.
Lo scorso anno, per tre volte, ho chiesto ad ogni vicariato, un referente per determinati servizi. Ebbene dallo stesso vicariato mi è stata segnalata la stessa persona. Questa “povertà” non è opera di Dio ma il frutto di una consuetudine che ha lasciato cadere, ha ignorato i doni che Dio elargiva alla sua Chiesa.
Un secondo aspetto consequenziale che dobbiamo necessariamente prendere in considerazione sono i ministeri. Come abbiamo certamente già notato, in ogni elencazione citata, Paolo aggiunge qualcosa di nuovo: nella lettera agli Efesini egli cita espressamente “apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri”
“10Ciascuno, secondo il dono ricevuto, lo metta a servizio degli altri, come buoni amministratori della multiforme grazia di Dio. 11Chi parla, lo faccia con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto sia glorificato Dio per mezzo di Gesù Cristo, al quale appartengono la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen!” 1Pt. 4,10-11
Singolarmente, alla fine dello stesso capitolo 12 Paolo torna nuovamente sull’argomento facendo una nuova elencazione e specificando nuovi doni e ministeri:

“28Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. 29Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? 30Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?” 1Cor 12,28-30

 

Allora nasce la domanda: ma nella nostra chiesa, nella nostra comunità, come mai sono così pochi i “portatori” di doni, membra vive del corpo? Come mai tanti battezzati sono solo fruitori? Perché i “ministeri” così ridotti? C’è questa consapevolezza di essere persone che “mettono i propri doni a servizio degli altri” per la edificazione del Corpo?
E quelli che troviamo nelle nostre parrocchie e che vivono un impegno nella comunità a volte sembrano più volontari, collaboratori scelti dal parroco che “chiamati“ dallo Spirito, riconosciuti dalla comunità.
Abbiamo mai provato insieme a discernere i carismi che il Signore ha elargito e sono riscontrabili e poi comunitariamente a leggerli in chiave di servizi e responsabilità?
Riprendiamo la narrazione, la Comunità di Antiochia è descritta poi molto stringatamente come una comunità che prega, digiuna e rimane in ascolto dello Spirito. E’ qui che personalmente mi sono sentito anche provocato. Quante volte nella Chiesa recitiamo una preghiera, come stasera, prima di iniziare la riflessione. Ma poi quello che viene dopo sembra totalmente slegato, estrinseco a questo primo momento. Sembra che la preghiera non entri, non incida nella vita e la vita non sappia rifluire nella preghiera. A volte non verifichiamo neppure la presenza dei prerequisiti necessari per compiere un’opera secondo Dio. Ogni forma di divisione e contrasto permanente nascono da orgoglio, presunzione di chi crede di possedere la verità e la vuole imporre agli altri e impediscono di fatto la crescita della vita comunitaria. Solo un ascolto umile, il ritornare insieme in preghiera di fronte al Signore, portano frutto. L’iniziativa dello Spirito nasce e cresce in e grazie ad un clima di preghiera, di digiuno e ascolto attento della volontà di Dio nello Spirito.
Il Cammino Sinodale ci ha introdotti e fatto gustare la bellezza della “conversazione spirituale” nella quale, con calma si ascolta e si dialoga. Ci ha insegnato la pazienza per non voler noi decidere i tempi ed il percorso, la sapienza di saperci fermare quando l’unità si incrina e prevalgono anche ruvidamente le opinioni personali, la bellezza del dono che il Signore ci fa di nuovi orizzonti quando impariamo a fidarci di Lui più di quanto non facciamo circa la nostra intelligenza.
Alla comunità in preghiera lo Spirito risponde sempre in forma nuova, originale, creativa, misteriosa riproponendo a tutti il Suo disegno che porta avanti l’opera della Salvezza. A questo intervento dello Spirito la comunità di Antiochia sa rispondere generosamente. Non è una comunità autoreferenziale. Non è una comunità meschina e gretta nei ragionamenti, paurosa di perdere elementi significativi, preziosi del proprio organico. Quante volte ci lasciamo catturare e dominare dalla paura di perdere qualche ragazzo? Un catechista? Solo perché ci viene chiesto di farli spostare in un’altra parrocchia per una attività comune, o partecipare alle iniziative di una associazione: Scout, azione cattolica, CL
La richiesta dello Spirito e l’obbedienza della comunità sono suggellate non da ragionamenti, distinguo, richiesta di spiegazioni ma nuovamente dal digiuno e dalla preghiera.
E qui il brano si chiude lapidariamente. C’è questo gesto bellissimo dell’imposizione delle mani che è il segno di una partecipazione piena, convinta, sentita a un’opera che Paolo e Barnaba compiranno ma che è di tutti, condivisa da tutti al punto che alla conclusione del primo viaggio gli apostoli torneranno alla loro comunità per riferire tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo di loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede per rafforzare questa piena condivisione.
Il congedo allora è l’inizio di una meravigliosa avventura. Ma soprattutto è la cifra che spiega, racconta che la Chiesa è per la missione, è chiamata a mettersi sulla strada senza paura, senza recriminazioni. Non possiamo non notare che la richiesta dello Spirito di Dio è piena di incognite a cominciare dal “dove andare”. Non possiamo e non dobbiamo pretendere di capire sempre tutto, di avere approntato i mezzi, di essere nelle disposizioni favorevoli, di operare in un contesto particolarmente felice.
Ma i “due partirono” sembra questo esattamente ciò che lo spirito vuole.
Cari fratelli e sorelle questo è il terzo punto del nostro programma pastorale: la missione.
Abbiamo perso l’attenzione a questa esigenza fondamentale del nostro essere Chiesa. Vissuti in una società cosiddetta cristiana abbiamo approntato progetti, elaborato strumenti per catechizzare ma perso la familiarità con l’evangelizzare.
In occasione dell’annuncio della chiusura della nostra libreria molte telefonate ricevute la definivano “l’ultimo baluardo contro l’invasione straniera di Prato”, o ancora più impietosamente “l’ultimo baluardo contro l’islamizzazione della nostra città”
Mi domando e vi domando: come mai sappiamo leggere la realtà culturale solo in chiave “DIFENSIVA” e non come opportunità?
Paolo e Barnaba partono per portare il Vangelo ai più lontani e noi che li abbiamo accanto siamo intimoriti ed impreparati, inibiti a dialogare e annunciare.
Possiamo e dobbiamo iniziare a porci la domanda per invertire la tendenza, a metterci in cammino per iniziare nuovi percorsi missionari.
Avrete notato che non ho commentato affatto le prime parole con le quali il nostro brano cominciava “Intanto la parola di Dio cresceva e si diffondeva”. Questo è il vero fil rouge che guida tutta la narrazione: il “viaggio della Parola di Dio”.
Essa non ci è donata solo per l’edificazione della Chiesa di Cristo, per portare ogni credente alla piena maturità finché non sia formato Cristo in Lui (Gal. 4,19). Essa è fatta per essere offerta a tutti. Un autore spirituale traduce “ora la Parola di Dio cresceva e si moltiplicava”. E’ il comandamento originario di Dio “crescete e moltiplicatevi” che la sua creazione cresca, non solo si moltiplichi ma cresca nella sua misura piena che è la sua misura divina. Ed è proprio la Parola la protagonista della crescita perché noi diventiamo la Parola che ascoltiamo.
Nella misura in cui ascoltiamo ci trasformiamo in quella parola e ascoltando la Parola di Dio diventiamo sempre di più Figli di Dio…Essa, che si è fatta carne in Gesù, si fa carne in ogni uomo fino a quando non sarà Dio tutto in tutti. Fino a quando l’ultimo degli uomini non avrà ascoltato la Parola e non l’avrà accolta.
Allora il disegno di Dio sarà compiuto perché Dio vuole che tutti diventino suoi figli e fratelli tra di loro.
Carissimi ecco il nostro cammino. Tenendo ferma la dimensione vicariale come orizzonte del nostro lavoro e il cammino sinodale come stile che ci spinge a riscoprire il nostro essere Chiesa in questo mondo vogliamo rileggere i “doni e carismi” che ha elargito a questa nostra Chiesa il Signore, i compiti che Egli assegna a ciascuno di noi, tutto in vista della nostra missione che è portare la Buona Notizia a tutti gli uomini.

 

Alla fine di questa succinta riflessione voglio ringraziare il Signore con voi e per voi. Chiedere perdono per tutte le volte nelle quali ci siamo lasciati andare al pessimismo e alle lamentele senza riconoscere la bellezza di questo tempo, le opportunità di questa stagione. Voglio affidare a Maria, Donna del Sacro Cingolo, la piccolezza delle nostre persone, delle nostre capacità, dei nostri mezzi. Lei che per prima ha detto sì a Dio nonostante l’umiltà di sé come serva, ci insegni a non avere paura a non temere sfide apparentemente proibitive perché nulla è impossibile a Dio.

 

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