Storia della diocesi

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Documentata dal X secolo, ma sicuramente assai più antica, la pieve di S. Stefano a Prato occupava geograficamente una posizione marginale nella diocesi pistoiese, al confine con quella fiorentina. La sua importanza, però, crebbe rapidamente, e dopo aver ottenuto il titolo di propositura (inizi dell’XI secolo) iniziò a rivendicare una certa autonomia da Pistoia.
La tendenza autonomistica della chiesa pratese crebbe in parallelo alla trasformazione del Castello di Prato in libero Comune, ed ebbe un primo, importante riconoscimento in una bolla pontificia del 1133 con la quale Innocenzo II accoglieva la propositura pratese nel «pio grembo della Chiesa romana», ponendola «sotto la tutela e protezione di S. Pietro», e stabilendo così, anche se in modo non esplicito, un collegamento diretto fra la chiesa di Prato e Roma.

 

Questo documento accordava inoltre alla propositura notevoli privilegi, che di fatto scavalcavano l’autorità del Vescovo di Pistoia (del quale veniva comunque ribadito il primato spirituale sulla Chiesa di Prato), come la possibilità di concedere o vietare l’edificazione di chiese nel proprio territorio e di incamerare totalmente le decime riscosse nella propria giurisdizione. Quest’ultima era al periodo assai vasta – poiché S. Stefano era la chiesa «matrice» – comprendendo anche altre pievi (come quella di S. Giusto, che tentò più volte di rivendicare la propria indipendenza). Nel 1182 Lucio III (seguito poi da altri pontefici) confermò i diritti della propositura pratese, la cui importanza aumentava parallelamente a quella di Prato, in forte sviluppo, e anche dopo che la città passò sotto il dominio fiorentino (1351) ci furono tentativi per la costituzione di una diocesi pratese.

 

Nel 1409 fu proprio la Signoria di Firenze (nel più vasto ambito di una ristrutturazione ecclesiastica diocesana del dominio fiorentino) a sostenere una richiesta in questo senso presso uno dei tre pontefici del periodo (si era in pieno «Scisma d’Occidente»), l’antipapa Alessandro V. Egli aveva abitato a Prato, ospite nel Palazzo della Propositura (oggi Vescovile) e nel Palazzo di Francesco di Marco Datini dal 30 ottobre 1409 ai primi di gennaio dell’anno seguente, e si era sperato che volesse scegliere la nostra città come sua residenza; decise invece per Bologna, ma predispose un progetto per la diocesi di Prato, che doveva comprendere un territorio assai vasto, dalla Val di Bisenzio a Montemurlo e al Montalbano.

 

La morte del pontefice, nel 1410, bloccò purtroppo ogni iniziativa. Una soluzione di compromesso, che ribadiva solamente quanto disposto nel 1133, venne riproposta da una bolla di Gregorio XII, e soprattutto da quella di Pio II, del 1463 (ottenuta su richiesta del proposto di Prato, il cardinale Carlo dei Medici), che sanciva la dipendenza della propositura pratese dalla Sede apostolica, e la conseguente separazione dalla diocesi di Pistoia.

 

La bolla di Pio II (che sanciva la dipendenza della propositura pratese dalla Sede apostolica, ndr) riconfermata da Paolo III nel 1543, non soddisfaceva a pieno le esigenze pratesi, e soprattutto dalla fine del XVI secolo ripresero i tentativi perché Prato divenisse sede vescovile, con lo scopo di ottenere poi, come era avvenuto per cittadine assai meno importanti (Montepulciano e Colle) anche il titolo di «Città», assai più onorifico di quello di «Terra», spettante fino ad allora a Prato. A nulla valsero le petizioni del 1597, 1611, 1624 e 1632, sia a Firenze che a Roma, che riprendevano in parte il progetto quattrocentesco. I tentativi secenteschi vennero bloccati dall’opposizione fortissima e dispendiosa (25.000 scudi!) del vescovo Alessandro Caccia, che governò per cinquant’anni la diocesi di Pistoia, morendovi, quasi centenario, nel 1649. Dopo questa data la vicenda ebbe esito positivo soprattutto per l’interessamento del granduca Ferdinando II dei Medici, ma a causa dei gravi problemi derivanti dalle scarse rendite che i pratesi potevano assicurare alla istituenda diocesi, si ebbe di nuovo una soluzione diplomatica, di compromesso.

 

Il 22 settembre 1653 la bolla emanata da papa Innocenzo X soppresse la Propositura pratese ed elevò a Cattedrale la collegiata di Santo Stefano. Con lo stesso atto venne istituita la diocesi di Prato – unita però in perpetuo, anche se con uguale dignità, alla diocesi di Pistoia – e limitata inoltre alle sole parrocchie all’interno delle mura trecentesche. Pochi giorni più tardi il Granduca promuoveva l’antica Terra di Prato al rango di Città.

 

Questo documento concludeva, con un risultato certo inferiore alle aspettative, la lunga vicenda della richiesta pratese di autonomia da Pistoia, a livello di giurisdizione ecclesiastica, stabilendo un’uguaglianza che rimase sulla carta. Di fatto i vescovi, tranne alcune eccezioni (come mons. Gherardo Gherardi), fondatore nel 1682 del Seminario di Prato, che tenne nella nostra città i primi sinodi diocesani) non nascosero la loro predilezione per Pistoia, dove risiedettero, tranne brevi periodi, benché Prato fosse in rapido sviluppo in tutti i settori, ed avesse già superato come numero di abitanti ed importanza economica la vicina Pistoia.

 

La nuova situazione non era esente da problemi: ad esempio tre parrocchie del centro, Cattedrale, S. Marco e S. Trinita, si estendevano in ampie zone fuori dalle mura, fino a Galciana e Narnali, che continuavano ad appartenere alla diocesi di Pistoia. A questo pensarono bene di ovviare nel secolo seguente i vescovi pistoiesi, e solo in seconda istanza pratesi, scorporando questi territori e creando le nuove parrocchie di Maliseti e del Soccorso, e limitando quindi la diocesi pratese alla città «murata». Malgrado il notevole sviluppo di Prato non vi furono ulteriori modifiche fino a tutto l’Ottocento, e alcune istanze per ottenere un vescovo residente non ebbero seguito.

 

Ai primi del XX secolo la situazione appariva decisamente anacronistica: in una città in forte espansione la diocesi risultava molto più piccola del territorio comunale, e priva di un vescovo residenziale. Una svolta positiva si ebbe dopo che, nel 1908, la giunta comunale di Prato avanzò una richiesta presso la Santa Sede per ottenere un’ampliamento della diocesi, ma l’anno seguente l’elezione di un nuovo vescovo per le due diocesi, Andrea Sarti, deluse notevolmente. Alla morte del Sarti, nel 1915, ripresero i tentativi, che portarono l’anno seguente al decreto di Benedetto XV (la cui madre, una Migliorati, era di origine pratese) che sanciva l’ingrandimento della diocesi pratese con 28 parrocchie già appartenenti a quella di Pistoia e 12 di quella fiorentina. Con questo atto si giungeva all’identificazione delle circoscrizioni amministrativa e diocesana di Prato. Un ruolo importante di mediatore col nuovo vescovo di Pistoia e Prato, Gabriele Vettori (dal 1915 al 1932), era stato svolto da monsignor Riccardo Carlesi, già vicario generale del Vettori a Tivoli.

 

Le istanze di separazione dalla diocesi pistoiese dovettero invece attendere quasi quaranta anni per trovare una risposta positiva: il 25 gennaio 1954 papa Pio XII, in considerazione del fatto che «la città di Prato, sia per le sue attività industriali e commerciali che per il numero degli abitanti, ha avuto tali sviluppi da esigere anche in campo religioso una propria amministrazione autonoma», separò le due diocesi (senza modificarne i confini), nominando pochi mesi più tardi (7 luglio) il primo vescovo residenziale di Prato, monsignor Pietro Fiordelli, che, consacrato il 3 ottobre, il 17 ottobre 1954 fece il suo ingresso nella città.

 

Nell’ottobre del 1975, nel quadro di una revisione dei confini di alcune diocesi toscane, la Sacra Congregazione dei Vescovi separò da Pistoia, annettendole alla diocesi di Prato, le parrocchie (12) dei comuni di Cantagallo e Vernio.

 

Il 7 dicembre 1991 Papa Giovanni Paolo II accetta le dimissioni per limiti di età presentate da mons. Fiordelli e nomina il successore nella persona di mons. Gastone Simoni, Vicario Generale di Fiesole. È il venticinquesimo Vescovo da quando Prato è stata eretta in Diocesi, il secondo residenziale. Ha fatto ingresso il 23 febbraio 1992.

 

Il 29 settembre 2012 Papa Benedetto XVI nomina mons. Franco Agostinelli, vescovo di Grosseto, nuovo vescovo di Prato. Mons. Agostinelli è il 26° vescovo di Prato, il terzo residenziale e sostituisce mons. Gastone Simoni per sopraggiunti limiti di età di quest’ultimo, che il 9 aprile 2012 ha compiuto 75 anni.

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