Lettera aperta a Papa Francesco scritta dalle categorie economiche e sociali di Prato

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Una lettera aperta a Papa Francesco scritta in occasione della sua visita in città il prossimo 10 novembre. Un messaggio indirizzato al Pontefice che annuncia un «patto di convivenza e prossimità» tra le categorie sociali ed economiche affinché si continui ad affermare il «buon lavoro» a Prato, che, si sottolinea, deve essere «fonte di dignità» per tutti, ed è considerato fattore chiave attraverso cui costruire integrazione.

 

Su invito e con il coordinamento della Diocesi di Prato, attraverso l’Ufficio di Pastorale sociale e del lavoro, sindacati e le associazioni di rappresentanza datoriali del mondo produttivo del distretto hanno riunito la loro voce per presentare al Santo Padre il vero volto di una città che ancora oggi fa del lavoro il suo carattere distintivo.

 

«C’è una Prato di cui non si parla, che non prende gli onori della cronaca, ma che è la spina dorsale della comunità – è scritto nel testo -. È la Prato che lavora e che produce solidarietà silenziosamente e che distribuisce ancora, seppur con fatica, tanta benedizione all’intera comunità». Una Prato che tutt’oggi può contare su una popolazione attiva di circa 120 mila persone, quasi 30 mila imprese attive, e sul principale distretto tessile d’Europa (il 17% del tessile nazionale esportato viene prodotto qui).

 

La lettera è sottoscritta da Camera di Commercio, Unione Industriale Pratese, Confartigianato, Cna, Confesercenti, Confcommercio, Confcooperative, Lega delle cooperative, Coldiretti, Cgil, Cisl e Uil. Il testo, dopo la firma apposta questa mattina, venerdì 30 ottobre, nella sede della Camera di Commercio dai rappresentanti delle dodici sigle partecipanti all’iniziativa, sarà inviato direttamente a Papa Francesco.

 

«L’idea è partita da un invito del vescovo Franco Agostinelli – ha spiegato Michele Del Campo, direttore dell’Ufficio diocesano di Pastorale sociale e del lavoro – scritto nella lettera di presentazione della visita pastorale: “Camminate insieme”. Ci siamo chiesti: è possibile? Così abbiamo deciso di riunione intorno a un tavolo le parti sociali per presentare al Papa, in modo unitario, la realtà di Prato».
Oltre a Del Campo, alla presentazione del testo alla stampa, erano presenti tutti i vertici dei dodici soggetti sottoscrittori, il vicario generale della Diocesi mons. Nedo Mannucci e don Fabio Longoni, direttore dell’Ufficio nazionale di Pastorale sociale e del lavoro della Cei.
«Papa Francesco ha scelto di venire qui a Prato proprio perché questa è la città del lavoro – ha osservato mons. Mannucci – ed è importante che le rappresentanze economiche e sociali colgano questa grande occasione»
Per scrivere la lettera sono occorsi molti incontri, nei quali ognuno si è fatto portatore della sua specificità. Il percorso è stato condiviso anche dal Comune di Prato, che ha partecipato alle fasi iniziali del progetto condividendone intenzioni e finalità.

 

I contenuti principali della lettera

 

Nel documento si ripercorrono i fattori – la crisi economico finanziaria, i processi di globalizzazione, l’immigrazione – che hanno minato l’identità della comunità locale facendola interrogare sui propri modelli di sviluppo e su temi quali la dignità della persona, la protezione e la cooperazione sociale, la produzione di lavoro e la solidarietà. In alcuni passaggi della lettera emergono le difficoltà connesse alla riduzione del lavoro e alla diminuzione delle risorse per la protezione sociale, che colpiscono soprattutto i giovani e i cosiddetti «over 55». Sono citate le sofferenze personali e sociali e il pericolo di una ricchezza eretta a «fine» e non a «mezzo». Ma si affermano anche le capacità di collaborazione della società pratese «che sa ancora oggi produrre e ridistribuire ricchezza, ponendo attenzione a un modello di sviluppo che limita le grandi diseguaglianze».

 

Sul fronte dell’immigrazione, si mettono in evidenza le peculiarità delle ultime ondate migratorie, così diverse dalle precedenti e che hanno messo a dura prova la capacità di accoglienza e di integrazione attraverso il lavoro, producendo «paure, pregiudizi, chiusure e stato di conflitto». Una situazione di «convivenza lacerata» di cui è divenuta emblema l’enorme tragedia del 1 dicembre 2013 al Macrolotto, dove «in un incendio sviluppatosi in un contesto oggettivamente disumano», hanno perso la vita sette lavoratori.

 

«Il ‘problema dell’immigrazione’, che si tiene inestricabilmente con molti altri nodi della vita della nostra città, sollecita in modo straordinario i soggetti del lavoro pratesi a produrre lavoro buono per tutti – è scritto nella lettera -. È per questo che ci stiamo impegnando tutti in un tavolo di concertazione per “bonificare” il lavoro rendendolo più umano per tutti». Quel lavoro, fonte di dignità, che resta il fattore chiave attraverso cui costruire integrazione: esempio ne è la forte presenza tra gli occupati degli immigrati, circa il 26%.

 

Altra sfida per tutti i firmatari della lettera è quella di accettare l’invito che spesso il Santo Padre rivolge, ad una «generatività del lavoro». «Una generatività creativa, produttiva, accogliente, dialogante che porti il valore lavoro ad essere l’elemento della convivenza sociale e della cittadinanza, evitando periferie umane, per costruire una società più giusta, dove il dialogo sociale sia un produttore di relazioni buone».

 

Nella chiusura del documento si invoca l’aiuto del Santo Padre «in questo cammino dove occorrono visioni forti per continuare ad affermare il “buon lavoro a Prato”».

 

«Ci sia da stimolo e da supporto nel continuare a fare il nostro “mestiere” di affiancamento alle imprese e ai lavoratori, ancora oggi portatori di una voglia di reagire alle difficoltà. È questo che porteremo in giro per il mondo come ricordo della Sua visita al popolo composito pratese».

 

La lettera aperta a Papa Francesco scritta dalle categorie economiche e sociali di Prato

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